Convocata dal presidente Pd Marco Palumbo si è conclusa in commissione trasparenza capitolina l’audizione dell’assessora all’ambiente Paola Muraro che non si è risparmiata toni polemici nei confronti del consigliere Corsetti (Pd) che le rimproverava il milione consulenze percepite in più di 10 anni.
«Si guardano i miei compensi quando ci sono consulenti a 2 milioni all’anno, e questo vuol dire 16 milioni dal 2008 a oggi. La parte politica viene pagata 2 milioni all’anno ed è in staff, e questo vale per Panzironi, Cappello, Anelli, Fiscon, Filippi, tutti. Poi evidentemente serviva qualcuno che facesse funzionare davvero gli impianti e quindi servivo io». Una accusa che va dritta al cuore al periodo della gestione di Alemanno coinvolta nella vicenda delle parentopoli Ama e Atac e salva in parte la gestione Marino/Fortini, ma che nella versione di Paola esalterebbe il suo ruolo di tecnica, salvatrice di Ama e donna del fare. In effetti lei in Ama ci arriva nel 2004 ben prima di Panzironi, attualmente ancora detenuto con Fiscon per le vicende di mafia capitale.
E sino al 2008 studia e realizza un progetto sulla FOS, frazione organica dei rifiuti stabilizzata. Poi, in cambio del brevetto, Panzironi le propone l’assunzione che lei rifiuta perché «non avevo intenzione di ritrovarmi a fare fotocopie al primo cambio di segno politico dell’amministrazione, perché ho sempre trovato molto più stimolante andare in giro per l’Italia e lavorare». Con la differenza che fra un giro e l’altro non ha certo mollato i suoi 100 mila euro annui di consulenza con Ama. Ma il passato è passato e sino ad oggi, pur fra le critiche e i dubbi su questa sua consulenza che la lega inevitabilmente alle passate gestioni di Ama, resta il fatto che nessuno, sino ad oggi, ha mai negato le sue competenze. Competenze che la portano ad affermare che «il contratto di Ama va revisionato» perché «così com’è impostato crea un mare di problemi» infatti «sono state tolte determinate attività ad Ama e qualcuno le deve fare, ma non è mai stato chiarito il ruolo di chi, per esempio, deve andare a derattizzare, un servizio che è stato tolto dal contratto di Ama».
Affermazione che in una normale metropoli civile alle prese con la proliferazioni dei ratti, significherebbe quantomeno le dimissioni di assessori e vertici societari. Ma siamo a Roma dove ormai quello che conta è la miracolosa panacea della raccolta differenziata che però, rivela l’assessora, gli alberghi e le altre migliaia di strutture ricettive, più o meno registrate, non fanno. Infine un calcio sotto la cintura alla recente gestione di Ama perché nell’impianto di Rocca Cencia si trattano 15 tonnellate al giorno e non 30 «sapete perché? – spiega la Muraro- Perché manca il secondo turno di operatori. E sapete quanto costa poi mandare il rifiuto fuori? Questi sono meccanismi mafiosi, è qui che andava fatta la trasparenza». Affermazione che potrebbe comportare responsabilità di carattere penale nell’ambito delle numerose indagini in corso sulla situazione dei rifiuti romani. Per quanto riguarda invece i temi scottanti quali la discarica di servizio sollecitata dalla Regione o l’eventualità di un terzo impianto di incenerimento voluto dal Governo, silenzio assoluto. Anche se è nota la posizione della Muraro che da esperta, appunto, non può negare gli spetti industriali di un ciclo dei rifiuti che Roma non riesce a chiudere, nemmeno con la differenziata.
Giuliano Longo