«Non vedrò un minuto del Festival di Sanremo perché lo stipendio di Carlo Conti è una cosa assolutamente indegna. Sono uno schifo questi 650mila euro». Tuona così Matteo Salvini, cavalcando la polemica populista partita da Facebook.
Si scaglia contro la Rai senza mezzi termini il buon Matteo… «In questo momento quello stipendio è uno schiaffo in faccia a tanta gente…» e, continua, «poi per gli stipendi degli artisti ci vorrebbe un tetto».
È talmente calato nel ruolo del leader autoproclamato della destra mentre le spoglie di Berlusconi sono ancora vive e, a giorni alterni, vegete che perde la lucidità commettendo quello che potrebbe rivelarsi un autogol fatale. Eh sì! Perché attaccare il povero Carlo Conti per il suo stipendio definendolo addirittura “indegno”?
La Rai stranamente risponde in fretta e lo fa rendendo noti i costi veri dell’edizione 2017 del Festival di Sanremo: si parla di 16 milioni di euro con una previsione di 22 milioni di introiti pubblicitari. Visto che la matematica non è ancora un opinione si ipotizza quindi un attivo di sei milioni che di questi tempi, con Google che ha stravolto il mercato della raccolta pubblicitaria erodendo una fetta enorme, non sono affatto pochi.
Carlo Conti, insomma, porta pubblicità, porta inserzionisti, è un volto che piace e, secondo addetti blasonati del settore, ha un compenso addirittura al di sotto della media di mercato se si considera che la responsabilità dell’intera operazione ricade su di lui e l’impegno in termini di tempo (per preparare un Festival come quello di Sanremo ci vogliono mesi).
Salvini invece di attaccare chi porta ricchezza nelle casse dell’azienda potrebbe invece occuparsi di fasce orarie completamente prive di pubblicità e che vanno in onda come un vuoto (pneumatico) a perdere che grava da anni sulle finanze della Rai. Perché, ad esempio, non si indigna col direttore Fabiano e chiede i conti della fascia del mattino?
Grazie ai mediocri risultati la raccolta pubblicitaria rispetto allo scorso anno è precipitata verso lo zero e si produce praticamente in perdita. 650 mila euro possono sembrare tanti, ma, collocati nel giusto contesto e se servono a concorrere alla raccolta di 6 milioni di euro non ci sembra siano poi così indegni. Cifre sicuramente più modeste che portano però ad uno zero tondo tondo sono quindi solo un costo per l’azienda pagata coi soldi dei contribuenti e quelle sì che sono uno schiaffo in faccia a tanta gente.
Chissà perché, però, a Matteo questo non balzi agli occhi!
Tv Bob