Camorra a Roma, confiscati 20 milioni al pericoloso clan Mallardo

Tre imprenditori accusati di essere i fiduciari e “prestanome” del boss Feliciano

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Immobili, beni aziendali, partecipazioni societarie, autoveicoli e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro, sono stati confiscati oggi dai militari del comando provinciale della guardia di finanza di Roma a tre imprenditori, accusati di essere i fiduciari e “prestanome” del capoclan della Camorra Feliciano Mallardo.

I finanzieri hanno spiegato come le imprese riconducibili a loro riciclassero e reimpiegassero i proventi delle molteplici attività delittuose del clan, tra i più potenti e pericolosi ed egemone nel comune di Giugliano in Campania e nei territori limitrofi.

La confisca, disposta dal tribunale di Roma arriva a distanza di circa tre anni da una serie di sequestri eseguiti nei loro confronti dopo laboriose indagini di polizia economico-finanziaria, avviate nel corso del 2013 dal Gico, Gruppo investigazione criminalità organizzata del nucleo di polizia tributaria di Roma e coordinate dalla locale Direzione distrettuale antimafia.

Indagini che hanno permesso di approfondire le dichiarazioni fatte da diversi collaboratori di giustizia riguardo l’esistenza di una cellula camorristica federata con il clan Mallardo, con ramificazioni che arrivavano alla Capitale. Gli accertamenti patrimoniali, effettuati nei confronti di 94 persone fisiche e giuridiche, hanno permesso di ricostruire un vero e proprio gruppo imprenditoriale, composto da diverse società attraverso le quali i destinatari della confisca hanno effettuato ingenti investimenti, principalmente nel settore delle costruzioni edilizie e in quello della distribuzione di combustibile per uso domestico, il tutto per conto dell’organizzazione camorristica.

Partendo dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, è stato inoltre svelato il cosiddetto “sistema dei mutui”, utilizzato per effettuare investimenti illeciti e dare loro un’apparente liceità con lo scopo di eludere eventuali provvedimenti ablativi. La “holding” criminale aveva così accumulato un enorme patrimonio mobiliare e immobiliare, del tutto incongruente con i redditi dichiarati dagli interessati.

Il provvedimento di oggi del tribunale conferma la solidità dell’impianto accusatorio formulato dalla Dda capitolina, sia per quanto concerne la qualificata “pericolosità sociale” dei tre proposti, ai quali è già stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, sia in ordine alla manifesta sproporzione tra il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile ai medesimi e la loro modesta situazione reddituale. Il provvedimento è stato eseguito da oltre 30 finanzieri in azione nelle città di Roma, Napoli e Caserta e in provincia di Latina.

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