Bruno Rota da Milano per importare il modello Atm in Atac

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Bruno Rota, il nuovo direttore generale di Atac, è già al lavoro e l’amministrazione Raggi punta sulla sua positiva esperienza nell’ATM di Milano per risistemare il trasporto romano.  Per cui possono apparire pretestuose le polemiche dell’opposizione sul suo emolumento di 240mila euro lordi l’anno. Se è veramente bravo che male c’è? E poi nonostante la presenza del presidente Manuel Fantasia a digiuno di trasporti, ci vogliono davvero gli attributi per mettere mano alla  disastrata la società capitolina che merita manager di spessore come lo è stato Rettighieri.

Certo mettere mano a una azienda dove nei decenni si sono stratificati interessi politici e sindacali che ne hanno ossificato la struttura e gli sprechi, con un indebitamento di centinaia di milioni, non sarà impresa facile. Nel frattempo ci sono le  emergenze del quotidiano  con i mezzi che vanno a fuoco, aggressioni, guasti, pezzi di ricambio che mancano dal 2009, solo per citarne alcune.

Scelto da Pisapia poco dopo la sua elezione a sindaco nell’ottobre del 2011 subentrò in Atm come presidente e direttore generale a Elio Ctania che la ex sindaca Letizia Moratti aveva nominato nel 2007. Che Rota si sia dato un gran da fare imprimendo una svolta ad Atm è indubbio tanto che il suo lavoro è stato unanimemente apprezzato anche per ammissione dello stesso sindaco Sala. D’altra parte Rota, almeno ufficialmente, se ne doveva andare dopo due mandati come prevede lo statuto della società milanese.

Tuttavia gli screzi con il Comune azionista non sono mancati perché se è vero che lui ha portato l’azienda di trasporto a presentare utili, è anche vero che a giudizio del suo azionista i costi del contratto di servizio sono troppo alti. Quindi in previsione del 2019 quando i servizi di trasporto urbano dovranno venir messi a gara europea, il sindaco Sala guarda lontano e in particolare alle Ferrovie. Infatti l’ingresso del colosso pubblico in Atm potrebbe alleggerire i costi di gestione ed evitare la concorrenza di altri players internazionali. Fra i quali gli agguerritissimi francesi che hanno fatto già capolino a Roma con la proposta abortita di Project finance per la Roma Lido.

A proposito di Project uno dei motivi di scontro con l’azionista fu anche la ventilata possibilità che il Comune acquistasse il 33% delle quote della metro M5 gestita da un consorzio privato fra i quali primeggia Astalli. Operazione che avrebbe alleggerito la Astalli da un onere che sino ad oggi non ha reso utili, ma avrebbe messo in pancia del Comune di Milano 500 milioni di indebitamento.  C’era forse la possibilità in deroga della rinomina di Rota, ma il contrasto con l’amministrazione che già sta elaborando dossier importanti in stretto accordo con l’ad di Fs Mazzoncini, lo poneva in una situazione imbarazzante.

Sin qui le strategie, ma da quando Bruno fece i bagagli per venire nella Città Eterna cominciarono ad affiorare, se non proprio critiche all’efficienza di un manager che ha risanato Atm, alcuni aspetti del suo carattere e del modo di gestire l’azienda, quanto meno singolari.  Eh sì, perché pare che lui fosse davvero un grande accentratore tanto che qualche maligno al momento della sua dipartita insinuò che in Atm era finalmente arrivato il 25 aprile, data della Liberazione ancora molto sentita a Milano. Qualcun altro gli imputa una politica paternalistica nei confronti del personale, che peraltro ha visto negli anni dovizia di assunzioni in quota Cisl, sindacato con il quale pare che Rota abbia sempre intrattenuto rapporti privilegiati. In ogni caso, da buon giornalista, qualifica originaria di Rota, le pubbliche relazioni le sapeva tenere evitando conflittualità eccessiva in Atm.

Ma come finisce il nostro nelle grazie dei 5stelle? Parrebbe che ben prima delle sue dimissioni, dialogasse fittamente con il consigliere Corrado che era stato il candidato grillino alle comunali che hanno visto la vittoria di Sala. Uno scambio di amorosi sensi che gli è valsa la segnalazione agli imperscrutabili vertici del Movimento che decidono le nomine più importanti a Roma. Alla Raggi è bastato fare un po di ‘ammuina’ per qualche settimana negando sino all’ultimo l’arrivo del milanese, trincerandosi dietro al faticoso esame dei curricula che aveva sulla scrivania, poi il grande annuncio che circolava sui giornali da settimane. Ma secondo voi con un curriculum quale quello di Rota chi avrebbe potuto avere la meglio?

Infine una nota di colore che non lascia ben sperare gli sfaccendati Atac, perché Rota era quello che a qualunque ora si recava a far visita ai gabbiotti della metro milanese (e non solo) per verificare la presenza e l’attività degli addetti. Ve lo immaginate a Roma? Già serpeggia il panico.

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