Ci dice il Censis (collaudato strumento di analisi degli umori degli italiani), che addirittura il 78% dei nostri connazionali ha in odio o è del tutto indifferente alla politica. Sconfortante presagio per la democrazia e auspicio per i cosiddetti fautori dell’antipolitica.
Non ultimi i 5stelle che invece politica la stanno facendo alla grande fingendo una partecipazione diretta del loro popolo della rete (60mila?) che starebbero esercitando la scelta dei candidati al parlamento sulla scalcagnata e bucherellata piattaforma Rousseau debordante di candidature. Mentre quelle vere e finali verranno decise dalla Casaleggio&Associati, dal grande guru della comicità Beppe Grillo e dal Di Maio il quale più che da statista, rivela le sue origini da ex scugnizzo napoletano.
Ma tirem innanzi (come disse Amatore Scesa mentre gli austriaci lo portavano alla fucilazione dopo le 5 giornate di Milano) e vediamo, molto più modestamente, cosa va combinando la tanto vituperata politica qui a Roma e nel Lazio.
Eh sì, perché questa volta le elezioni regionali coincidono con quelle politiche e, al di là degli umori e delle clientele locali, anche dalle nostre parti si tratterà di un voto eminentemente politico.
Il che dovrebbe giovare ai 5stelle, quotati dai sondaggi come primo partito (e sottolineo PARTITO) con la onorevole Roberta Lombardi che potrebbe cuccarsi anche la Regione dopo che i grillini hanno espugnato Roma amministrata con la riconosciuta (anche a livello internazionale) capacità di Virginia Raggi.
La quale nel frattempo tenta di evitare il rinvio a giudizio il 9 gennaio chiedendo il rito immediato che consentirebbe al suo partito dell’onestà tà tà, di schivare il suo rinvio a giudizio nel corso della campagna elettorale.
Solo che questa ammuina non tiene conto che la Lombardi per raggiungere almeno il 36% dei consensi utili a governare il Lazio dovrebbe avere un MoVimento/Partito che ottiene almeno il 40% dei consensi a livello nazionale. Il che ci pare francamente fuori dal mondo.
L’handicap grillino fa tirare un bel sospiro di sollievo al Governatore Zingaretti che fra lista civica, la sinistra di Grasso e qualche altra frattaglia, quel 36% potrebbe invece raggiungerlo anche se il Pd si riducesse al 22/25% dei consensi. Senza considerare che eccetto l’area metropolitana di Roma i 5stelle sono piuttosto debolucci nelle altre provincie del Lazio.
Poi c’è la destra del trio Lescano – Berlusconi/Salvini/Meloni (rigorosamente in ordine di sondaggi) – che per la nostra regione non hanno ancora deciso il candidato. Oddio, ci ha provato il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi che come civico corre di suo, senza negare il suo imprinting di destra, ma questa volta corre contro i lupi di Forza Italia e dei Fratelli della Meloni locali che da subito gli hanno fatto fuoco di sbarramento.
In particolare quella classe dirigente regionale che non ha mai disdegnato accordi trasversali con il Pd, ad esempio sulle varie nomine, ma che oggi della lista dello Scarpone proprio non ne vuol sentire parlare anche a costo di farsi bruciare da Pirozzi una percentuale a due cifre di consensi.
Certo, non che lui si sia reso gran che disponibile ad accordi poltronari, ma vincere da solo risulta qarduo a meno di un ravvedimento last minute, dopo che il trio Lescano si sarà incontrato per definire programmi e candidature. A ben vedere Salvini continua a sostenerlo e potrebbe continuare a farlo anche se alla Regine venisse candidato il senatore Gasparri. Sempre che sia disponibile a mollare la poltrona a Palazzo Madama sacrificandosi per la causa (persa) del suo partito.
Senza voler fare il Dulcamara della politica questi ci sembra (per quanto possano interessare i nostri elettori) gli scenari delle prossime elezioni regionali, ma il vero lavoro dei partiti e dei cosiddetti MoVimenti sta iniziando adesso sule liste dei candidati.
Ed è qui che si esercitano le alchimie perché ci saranno nomi che tireranno voti e altri che faranno solo scena. Sola incognita il numero finale dei consensi e, chiuse le urne, la probabile impossibilità di governare la Regione senza la maggioranza assoluta dei consiglieri.
Giuliano Longo