Chi potrebbe uscire con le ossa rotte da questa competizione elettorale del Lazio? Certamente non Nicola Zingaretti che viene dato per favorito magari rianimando in regione le sorti del suo partito dato in calo per le elezioni politiche. E nemmeno Roberta Lombardi che potrebbe qualificare i 5stelle come primo partito (senza coalizione) alla Pisana portando a casa un bel numero di consiglieri, se non dovesse vincere la partita.
E nemmeno Stefano Parisi che, tutto sommato anche se dato per perdente, una qualche contropartita (oltre ai due seggi parlamentari che ha ottenuto da Berlusconi per i suoi di Energie per l’Italia) dovrà pure averla, magari con un ruolo di governo se il centro destra ci dovesse andare dopo le politiche.
Chi potrebbe rimetterci sono invece i Fratelli di Giorgia Meloni che in sede di trattativa per le candidature, vantavano con Berlusconi di essere nel Lazio il partito di maggioranza relativa.
Eh sì, perché Sergio Pirozzi, che Giorgia ha bollato della ‘infamia’ di non essere di destra e che La Russa nemmeno ha mai considerato possibile candidato della coalizione, un danno elettorale potrebbe crearlo proprio a loro, i Fratelli d’Italia.
Con qualche riflesso anche sul voto politico nonostante il sindaco di Amatrice, su sollecitazione dell’amico Salvini, abbia ritirato la sua lista al Senato di cui peraltro non sarebbe stato a capo.
È pur vero che quella del sindaco è una lista civica fatta di amministratori e normalissime persone impegnate nel sociale, ma anche solo dovesse raggiungere l’8% dei consensi che le vengono accreditati dai sondaggi (mentre più alta è la percentuale per Pirozzi candidato) quei voti verrebbero in parte pescati dal bacino elettorale di Giorgia.
A questo punto la vicenda si fa più complicata rispetto alle comunali di Roma del 2016 quando la Meloni e il suo mentore Fabio Rampelli fecero saltare la candidatura unitaria di Bertolaso facendo ripiegare Berlusconi e Forza Italia su quella perdente di Alfio Marchini. Allora Giorgia sfiorò da sola il ballottaggio con Virginia Raggi dimostrando la forza del suo carisma personale e quella della destra/destra concentrata soprattutto a Roma.
Ma parecchia acqua è passata sotto i ponti della politica e mentre Forza Italia ambisce nazionalmente a un risultato del 20% e Salvini la tallona al 14/16%, loro, i Fratelli, navigano a mala pena sopra la soglia di sbarramento del 5%.
Quanto a Pirozzi, che di FdI ha fatto parte e non ha mai negato le sue origini destrorse, ha sottovalutato l’ostilità radicale dei Fratelli nei suoi confronti che ancora qualche mese fa con Rampelli, non gli avevano negato ‘elogi’ per la sua assoluta inadeguatezza a gestire la complessità di una regione importante.
Tanto che l’ex Cavaliere si era convinto fossero preferibili giornalisti come Liguori e san Giuliano, tentennando sul senatore Gasparri, ma escludendo quasi da subito la candidatura di Rampelli il cui nome circolava addirittura da ottobre. Anche se in questa affannata ricerca di candidati resta a difficile capire perché in Forza Italia, da Tajani a Parisi, abbiano offerto mari e monti “all’Inadeguato” sindaco di Amatrice purchè rinunciasse alla candidatura.
Ormai il dado è tratto e tutti marciano l’un contro l’altri armati, eppure nel partito di Giorgia ancora insiste sul tradimento di Sergio che farà vincere Zingaretti, come se la Lombardi fosse sparita dai radar. Per di più Pirozzi viene espulso che da candidato ‘civico’, fuori dai partiti, non fa una piega, anzi ci manca poco che ringrazi.
Evidentemente di fondo problema politico esiste perché Fratelli e Lega (non più Nord) pescano negli umori dello stesso elettorato a livello nazionale, ma nel Lazio stesso fanno più o meno, la stessa Roberta Lombardi, Pirozzi e Casa Pound che i Fratelli vedono come il fumo negli occhi.
Di questa difficoltà si era reso conto il sindaco di Amatrice quando astutamente propose alla Meloni di metterci la faccia per le regionali in cambio della sua rinuncia, ma lei, evidentemente scottata dall’esperienza di Roma, non ci pensava proprio.
Anzi dopo l’offerta a costo zero di Berlusconi di farla ministra della difesa, gli risponde ‘io punto a fare la leader del governo’. Una boutade, che è un po come ‘il cicchetto’ dei viziosi di primo mattino per darsi coraggio.
Giuliano Longo