I dati ufficiali dei congressi dei circoli del Pd verranno resi noti entro domenica, ma il dato che emergerebbe è la scontata vittoria di Zigaretti che tuttavia sarebbe al di sotto del 50% anche se per pochi decimali grazie (si fa per dire) ai risultati di Campania (De Luca pro Martina e Renzi non perdonano) e Sicilia.
Tutto rinviato al 3 marzo, data delle primarie “di popolo” dove si rischia una partecipazione al di sotto del milione di aficionados (come ci risulta da alcuni sondaggi) ovvero quasi la metà delle ultime primarie dove Renzi portò a casa 1.2 milioni di voti su 1,8.
Su questo anomalo congresso, dove le fazioni si sono schierate per questo o per quello senza una reale discussione sul disastro registrato dal Pd alle politiche del 4 marzo, c’è poco da dire, anzi il peso critico dei padri nobili dell’Ulivo come Prodi e l’entusiasmo di D’Alema per Zingaretti poco contano nella cucina di una politica stanca di tutta la sinistra. Eccetto Landini che un ruolo unitario e movimentista per il sindacato lo propugna, ma lui non è il Pd.
Eppure le scelte di questo partito oggi, potrebbero contare (e molto) se un domani si aprisse una crisi di governo ove si ingrippasse il patto perverso fra Lega e 5stelle con i grillozzi che decidano di non farsi completamente vampirizzare dal truce Salvini in nome della governabilità (intesa come poltrone e potere) con tanti saluti a Fico e a Di Battista che nel suo terzomondismo d’accatto nemmeno ricorda più la fine che ha fatto Che Guevara.
Il dibattito surreale sui dati elettorali dei circoli mostrerebbe un partito (ridotto a 200mila massimo votanti per lo più uomini di apparato, amministrazioni cooperative ecc.) con numerose contestazioni, giusto perché i compagni non sono affatto litigiosi e mirano solo al bene del partito e della sinistra (AhAhAh).
Lo staff di Zingaretti si accontenterebbe del 50% a quello di Martina che andrebbe pure bene se superasse il 30%. Nel frattempo il Radicale Giachetti, che dovrebbe rappresentare i renziani duri e puri, si gode il terzo posto anche se è nostra convinzione che alla fine della fiera potrebbe convergere su Nicola il 3 marzo.
Renzi, il convitato di pietra, nonostante i rumors, ha fatto capire da tempo non ha alcuna intenzione di stare a guardare, ma nemmeno di fare un suo partito (e con chi, con Calenda, La Bonino e Berlusconi? Suicidio!!!), ma il giochino di immaginare un accordo tra Martina e Giachetti, in ottica anti-Zingaretti, gli sta sfuggendo di mano. Infatti i radicali come Giachetti sembrano duri e puri ma a fare giochini di ogni genere sono abilissimi (vai dove ti porta la convenienza del momento!).
In questo contesto avanza l’ipotesi di una segreteria unitaria (come alla Cgil Landini-Colla e fuori la Camusso) tra Zingaretti e Martina (con la benedizione di Paolo Gentiloni) e i renziani messi ai margini. Che non sarebbe poi una bestemmia visto che fra Martina e Zingaretti nessuno, nemmeno fra i commentatori più esperti, ha compreso le differenze politiche.
Per carità, non sia mai, dicono gli interessati che intanto tessono le loro fila e figuriamoci se Goffredo Bettini, mentore di Zingaretti, non ci mette il suo apprezzato consiglio.
Il nuovo Pd (si fa per dire) avrà a che fare da subito con la campagna elettorale europea e, soprattutto, con la composizione delle liste sulle quali rischia di perdere più della metà (se non più) dei parlamentari a Strasburgo.
Poi c’è la questione del 10 e 24 febbraio, che coincidono con le elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna. I sondaggi ufficiali parlano di un Pd assolutamente in partita, intorno al 30% in entrambe le regioni. Se per caso le due campagne dovessero vedere la vittoria del Pd sarebbe un trionfo di Zingaretti, non tanto per le sue generiche affermazioni di linea politica, ma semplicemente per il fatto che rappresenterebbe (forse nell’immaginario) l’effetto dell’agognato rinnovamento.
Per ora lui, Nicola, ci va “adelante con Jiudisio” un po’ come il governatore Spagnolo di Milano diceva al cocchiere mentre affrontava la folla inferocita durante la peste a Milano di manzoniana memoria.
Ma qualcuno dei sui adepti è convinto che prima o poi dovrà pure tirare fuori le palle (pardon!).
Giuliano Longo