Torna l’estro istrionico di Filippo Timi che, dal 7 al 19 febbraio al Teatro Argentina di Roma, porta in scena una insolita edizione del capolavoro di Henrik Ibsen, “Casa di bambola”, nell’intrigante versione diretta, adattata e tradotta da Andrée Ruth Shammah.
A quasi 140 anni dalla sua stesura, Casa di bambola è da annoverarsi tra i testi immortali del teatro, tuttora tra i più rappresentati con successo in ogni angolo del mondo, sempre attuale perché universale nel tema dell’eterno conflitto tra l’identità maschile e quella femminile. Da regista donna, Shammah indaga il crollo del “maschile” contemporaneo, posando la sua attenzione non sulla donna che si ribella, ma sulla solitudine dei personaggi maschili, tutti interpretati da Filippo Timi, mattatore debordante e altamente introspettivo nei molteplici panni del marito, del dottore e dell’usuraio. La volontà registica è quella di sviscerare i rapporti tra i diversi e sofisticati ruoli maschili e femminili che popolano il testo ibseniano senza tuttavia adagiarsi sul cliché di Nora, scavando nelle pieghe della sua psicologia e rendendola controversa manipolatrice e abile tessitrice di trame, una Marina Rocco prima vittima e poi eroina che si emancipa dal marito.
Lo spettacolo diventa così un vero corpo a corpo con i sentimenti, un percorso attuale all’interno delle dinamiche di coppia che rivela il lato oscuro dei protagonisti. In tal senso risulta decisiva l’interpretazione di Filippo Timi, trasformista in scena e irresistibile interprete dei ruoli maschili: Torvald, Rank e Krogstad, tre doppi di un unico uomo destinato a soccombere.
Il capolavoro ibseniano ci presenta Nora, la moglie, amata e vezzeggiata come una bambola, dell’avvocato Torvald Helmer che sta preparando l’albero di Natale. Sopraggiunge inaspettata l’amica Cristina, vedova e bisognosa di aiuto e a lei Nora rivela un segreto: otto anni prima ha contratto un debito con un certo Krogstad falsificando la firma del padre per poter pagare il soggiorno in Italia necessario alla guarigione del marito. La promozione a direttore di banca del marito sembra risolvere ogni cosa, ma Krogstad, impiegato nella stessa banca, ricatta Nora per ottenere una promozione. Quando Torvald, ignaro di tutto, vorrebbe licenziarlo per altri motivi, questi minaccia di denunciare ogni cosa se Nora non otterrà di far bloccare il licenziamento. L’intercessione della donna non ottiene alcun esito e Krogstad mette in atto la sua minaccia inviando una lettera a casa degli Helmer. Cristina, che ha riconosciuto in lui un antico innamorato, lo convince a recedere dal ricatto, ma è troppo tardi. È questo un complesso intreccio, avvincente come un thriller e intrigante come un giallo, fatto di emozioni e tormenti, inganni e calcoli, illusioni e rese dei conti, truffe e utopie, che Shammah compone per avvolgere lo spettatore in un appassionante reticolo di dinamiche relazionali e affari di famiglia. Un dramma borghese, privato dei luoghi comuni, con l’intenzione di svelare un aspetto oscuro, o segreto, del dramma.