Che Nicola Zingaretti volesse rimettere mano alle partecipate regionali era già nel suo programma elettorale e con l’accorpamento del pulviscolo di società di Sviluppo Lazio e la fusione fra Lait e Lazio Service, ci sta provando. Salvo una verifica di quanto effettivamente la Regione va risparmiando. Altro è il problema della dismissione di Lazio Ambiente le cui quote dovranno venir cedute (non si capisce bene a chi o quando) con notevole preoccupazione per la sorte degli occupati. Il quesito legittimo è: a chi finirà in mano la società? Tanto più che il settore dei rifiuti è molto delicato e l’area di Colleferro delle scorribande di privati ne ha già pagato il prezzo in passato. Eppure, quando con un accordo bipartisan (destra e sinistra) Renata Polverini nell’agosto 2011 costituì Lazio Ambiente, i 600 dipendenti del Consorzio Gaia tirarono un sospiro di sollievo. Erano ormai anni che Gaia versava in una situazione disperata e in amministrazione controllata, nonostante il commissario avesse promosso, senza esito, alcuni bandi europei per vedere chi se la accattasse.
Allora, ricordiamo, il Consorzio era affogato da 53 milioni di debiti, ma oggi non è che la situazione sia migliorata di molto. Infatti nel bilancio di esercizio al 31 dicembre 2015, la società presenta una perdita di 13,9 saliti nel frattempo a 17, dopo una perdita di altri 5,2 milioni del bilancio precedente. Nella relazione, l’amministrazione unico di Lazio Ambiente imputa le perdite alla obsolescenza degli impianti, in particolare del termovalorizzatore di Colleferro che comprende due linee in parte tecnologicamente superate. Oltre a questo il mancato adeguamento della tariffa di conferimento nella discarica di Colle Fagiolara dove vengono sversati solo rifiuti trattati, che riducono il margine di utile. Poi ci sono i comuni che, disabituati a pagare sin dai tempi di Gaia, oggi debbono dare a Lazio Ambiente ancora 21 milioni di euro. Per i servizi di raccolta e spazzamento qualche comune, quale Valmontone si è già rivolto alla Ambiente Spa di Ciampino che già copre i comuni di Ciampino, Artena, Casape, Cave, Castel San Pietro, Colonna, Gallicano nel Lazio, Frascati, Monte Porzio Catone, Palestrina, Poli, Serrone e Zagarolo.
Ma non è detto che in futuro qualche comune si rivolga anche a Volsca Ambiente che già opera nei comuni di Velletri, Albano, Lanuvio e Anzio soci di questa società pubblica. Poco male, dirà qualcuno per il quale ‘pubblico’ è sempre bello, ma il boccone ghiotto è rappresentato dalla discarica nei pressi di Colleferro e del suo termovalorizzatore. Tanto più che se il ministro dell’ambiente Galetti dovesse insistere per il terzo bruciatore del Lazio oltre a quelli di Colleferro e San Vittore , la soluzione finale potrebbe proprio essere quella di rimettere in sesto l’impianto di Colleferro, magari aggiungendoci una o due linee di combustione. Nel frattempo la delibera regionale dà mandato alla Direzione centrale acquisti di individuare un advisor (consulente) che supporti la direzione regionale del bilancio nel percorso di dismissione della partecipazione azionaria regionale.
Qui va anche detto che parte ampiamente minoritaria delle quote di Lazio Ambiente appartiene ad Acea che per ora non sembra intenzionata ad entrare nel business, mentre Ama ha una compartecipazione nell’inceneritore. Ma, in ogni caso la Regione potrebbe vendere le maggioranza delle quote anche ai privati, fra i quali risulterebbe interessata intenzionata la Rida Ambiente di Aprilia che un certo interesse lo aveva manifestato anche in passato. Qualcuno sogna che per mantenere la natura pubblicistica della spa possano intervenire Acea, che ha già abbastanza gatte da pelare con la Raggi, o Ama che non ha neanche gli occhi per piangere. Forse la soluzione sarebbe un bel bando di gara europeo con vincolo di salvaguardia per l’occupazione e buonanotte ai suonatori. Ma l’impressione è che la lunghezza della procedure lasci dormire sonni tranquilli ai 400 dipendenti di Lazio Ambiente, almeno per i prossimi due anni.
Giuliano Longo