Rai Uno, La mafia uccide solo d’estate: storia e curiosità della fiction

In onda dal 21 novembre in prima serata per 6 puntate. La serie segue le orme del fratello maggiore, il film di Pif da cui è tratta, ma va più in profondità

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Lacrime e risate, irriverenza e drammaticità. La Rai porta in televisione la serie ispirata al capolavoro di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, La mafia uccide solo d’estate. La fiction, che sarà trasmessa a partire dal 21 novembre su Rai Uno (21.25) per 6 puntate, segue le orme del fratello maggiore – il film di Pif –, andando però oltre e più in profondità rispetto all’opera prima dell’ex iena.

Viene mantenuta la stessa leggerezza che connota la pellicola e lo stesso sapore tragico che accompagna alcuni momenti. Ma lo fa con più tempo a disposizione, dando quindi la possibilità ad autore e regista (Luca Ribuoli) di definire maggiormente tutti i personaggi, sia quelli di spessore, sia quelli secondari. A differenza del film, la fiction non si concentra solo ed esclusivamente sul giovane protagonista, Salvatore Giammaresi, ma su tutta la famiglia, mettendo sul tavolo i loro problemi e le loro debolezze che si intrecciano con i misfatti di Cosa Nostra.

E lo fa in una maniera unica e inedita. La mafia viene, infatti, raccontata in maniera irriverente e ironica, cercando di “colpire” il lato umano dei mafiosi, come più volte ribadito dallo stesso Pif (voce narrante nella serie). «Della mafia bisogna ridere» ha detto ieri a Roma l’ex iena durante la conferenza di presentazione, aggiungendo di essere «eccitato dal punto di vista partigiano, perché la lotta alla mafia è libertà e per il fatto che Rai Uno mandi in onda la serie facendo nomi e cognomi. Ci possiamo permettere di raccontare le debolezze umane della mafia. Se potrò mangiare un iris per strada vorrà dire che sarà una vittoria. Ma a Palermo non ci andrò per un po’».

Un altro elemento importante è il modo di raccontare gli eroi che combattono Cosa Nostra, come Boris Giuliano, ma anche dei piccoli eroi che oggi non vengono ricordati. Nel cast ritroviamo Claudio Gioè che interpreta Lorenzo Giammaresi, un uomo pieno di dubbi ma con un forte senso morale. Accanto a Gioè c’è Anna Foglietta, moglie di Lorenzo, «donna moderna e insegnante precaria alla ricerca disperata di una cattedra fissa. Pia lotta per la felicità, ma è incline alle lusinghe della mafia per avere il posto, ma grazie al compagno riesce a resistere. Ha un grande temperamento, può essere fonte d’ispirazione per le donne» spiega l’attrice descrivendo il suo personaggio; Angela Curri, la figlia adolescente di Lorenzo e Pia – sempre in rotta con la famiglia –, ed Eduardo Buscetta che veste i panni del piccolo Salvatore, un bambino innamorato di Alice (Andrea Castellana), pieno di dubbi e paure sulla mafia.

Intorno ai Giammaresi ruotano, poi, altri personaggi come il fratello di Pia, Massimo (Francesco Scianna), un uomo casinaro, pronto a scendere a compromessi e l’enigmatico Fra Giacinto (Nino Frassica), un religioso vicino a Cosa Nostra. «Quando mi hanno proposto la parte di un frate – ha raccontato Frassica – ho chiesto se potevo fare quella del bambino, ma mi hanno risposto che mi sarei dovuto tagliare i baffi. Recito un ruolo dentro un ruolo, recito uno che recita. Non è facile perché il mio personaggio non è quello che appare».
Non sempre è facile raccontare il mondo della mafia e ciò che lo circonda. Banalmente, anzi, è semplice “eroizzare” i criminali, parlando delle loro gesta e dei loro traffici illegali. O, ancora, una storia dal punto di vista poliziesco. Trattare, invece, temi delicati e profondi – come in questo caso – richiede una mano leggera ma allo stesso tempo decisa e capace. Ed è quello che fa la serie, come il film, cercando di essere un modo diverso – ma parallelo a quelli canonici – di combattere la criminalità.

Ciò è possibile grazie al format e al mezzo. Con l’aiuto della tv la fiction può raggiungere tutti gli italiani nei loro comodi salotti mostrando una Palermo apatica e reale di fine anni ’70, dove regna l’indifferenza.

Alessandro Moschini