«È meraviglioso vedere come questo film è riuscito ad avere un linguaggio universale dove l’isola di Lampedusa è diventata come un luogo mentale che parla a tutti in maniera trasversale. Il mare di Lampedusa è diventato il deserto degli Stati Uniti, i morti del mare di Lampedusa sono i morti del deserto degli Usa e della gente che ogni giorno cerca di attraversare il confine».
Lo ha detto il regista di Fuocoammare, Gianfranco Rosi, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, al microfono dell’inviato a Los Angeles, Fabio Falzone, in occasione della candidatura agli Oscar di Fuocoammare.
«Da Berlino ad Hollywood – ha aggiunto Rosi – il film è stato distribuito in 64 Paesi dove ha parlato in modo trasversale e universale a varie nazioni. Il film ha assunto sempre una dimensione politica adattandosi alle situazioni e ai luoghi dove è uscito».
«Sono e resterò sempre il medico di Lampedusa – ha aggiunto Pietro Bartolo – che cura i propri cittadini e anche tutti i fratelli che provengono dall’altra parte del Mediterraneo. Mi auguro che il problema si risolva il primo possibile prima per loro, ma anche per noi perché è difficile vedere soffrire questa gente. Resterò sempre un medico, non sarò mai un attore o un regista. L’arte del cinema è un’arma potentissima perché arriva nella mente e nel cuore. E quando cuore e mente si mettono insieme e si aprono viene fuori il senso della vita e dell’umanità».
«Il mare – ha concluso Bartolo – è vita, fonte di sostegno e sopravvivenza e non di morte. Noi lampedusani non vogliamo che ci sia il fuocoammare. Quando succede qualcosa di grave in mare noi lampedusani diciamo che c’è stato il fuocoammare. Al contrario vogliamo che ci sia serenità, bellezza e fonte di vita».