Rossa più che mai. Linee e forme molto particolari, ma armoniose al tempo stesso, in un equilibrio all’apparenza delicato, ma che potrebbe nascondere la chiave per il riscatto della Ferrari.
A primo impatto la nuova vettura del Cavallino Rampante, la SF70H, sembra avere la stoffa per riportare la Scuderia sulla cresta dell’onda: i nuovi alettoni sono infatti più grandi rispetto alla SF16H, così come le gomme Pirelli, a causa del cambio di regolamento che ha imposto lo sviluppo di macchine dotate di maggior carico aerodinamico (si calcola che le nuove monoposto saranno molto più veloci di quelle dell’anno scorso, di circa 4 secondi) in modo tale da aumentare l’aderenza in curva e al tempo stesso lo sforzo fisico dei piloti, e le prese d’aria di fronte alle pance laterali sono state ridotte. Fanno da contorno una nuova “pinna” sopra il cofano motore, colorata di bianco, e una sorta di piccolo alettone posizionato al di sopra di essa. Una vettura nuova all’87%, hanno affermato i tecnici di Maranello, e con un passo corto.
La nuova vettura è andata in pista venerdì mattina con Kimi Raikkonen e poi, nel pomeriggio, con Sebastian Vettel, sfruttando una parte dei 100 km assegnati per il “filming day”, ovvero per delle sessioni di test adibite alla promozione degli sponsor, e dove solitamente i team testano alcuni componenti, in mancanza della possibilità di girare in test privati. Si tratta, naturalmente, di “installation laps”, prove per testare l’affidabilità e il corretto funzionamento di tutte le parti della vettura, cosa, bisogna sottolinearlo, mai scontata in questa Formula 1 ipertecnologica e quindi delicatissima. Queste prove sembrano essere andate bene, e la SF70H non ha registrato problemi degni di nota.
La sfida che si presenta per Vettel e Raikkonen (e anche per Antonio Giovinazzi, terzo pilota e quindi addetto allo sviluppo sul simulatore) è una sola: almeno infastidire le Mercedes. Lo ha affermato Sergio Marchionne, presidente della Ferrari, e le sue parole sono state confermate dal direttore tecnico Mattia Binotto: «La Formula 1 è in continuo sviluppo. Questa è la vera sfida. Bisogna lavorare in modo continuativo, portando ogni possibile evoluzione in pista. Solo così si vince».
Chi parte bene non sempre finisce per trionfare, insomma. Ce lo hanno insegnato, per esempio, Alain Prost nel 1986, quando riuscì a sfruttare le magagne interne al team Williams per colmare il gap che lo separava da Mansell e Piquet e arrivare così a vincere il titolo praticamente da outsider. Oppure Michael Schumacher nel 1995, dopo un inizio di stagione poco esaltante e l’apparente fuga di Damon Hill al quale seguì un dominio vero e proprio del tedesco, allora in forza con la Benetton.
E infine, per citare un esempio recente, Jenson Button nel 2009, che rischiò di perdere il titolo contro le Red Bull di Webber e Vettel a causa di un grosso calo di competitività della sua Brawn GP nella fase intermedia e finale di campionato, dopo una tranche di gare iniziali praticamente dominata dal pilota inglese, che gli permise di fare comunque incetta di punti e andarsi così ad assicurare la vittoria finale.
I primi test stagionali, programmati a partire dal 27 febbraio fino al 2 marzo sul circuito di Barcellona, ci daranno un’idea di quella che potrà essere la competitività della Ferrari rispetto alle altre scuderie, in particolare la Mercedes, sperando di poter stroncare finalmente il dominio della Casa di Stoccarda, che dura ormai da tre anni.
Simone Pacifici
(Foto Facebook)