Carlo Verdone: «Costretto a sbarcare su Facebook perché c’era chi si spacciava per me»

L'attore e regista è intervenuto questa mattina ai microfoni di ECG, il programma condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio su Radio Cusano Campus

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Carlo Verdone è intervenuto questa mattina ai microfoni di ECG, il programma condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano.
Verdone ha festeggiato da poco i 40 anni di carriera: “Questo è il periodo più difficile e complicato per creare, per inventare, perché è come un Medioevo senza orizzonti. Viviamo in un ipotetico benessere, ma in realtà non ho mai visto un periodo con così tanta miseria, povertà e disperazione. Dopo la seconda guerra mondiale tutto doveva andare meglio in qualche modo, invece stranamente non c’è la guerra mondiale, ma c’è una tensione continua, con un sistema economico che è imploso, la ricchezza si è spostata da altre parti e soprattutto per i giovani oggi è tutto molto complicato. E’ difficile scrivere in un periodo molto fragile, con un futuro minaccioso. Però il compito di chi fa commedie è anche quello di raccontare il presente, di raccontare l’attuale, cercando di far sorridere ma anche riflettere sui temi che riguardano il momento attuale, sennò la commedia non serve a niente”.

Sui suoi esordi: “Nel 1979 iniziai a preparare “Un Sacco Bello”, c’erano ancora dei frammenti di una certa Italia, di una certa Roma, che ancora sopravviveva nei suoi abitanti di quartiere, c’erano ancora certe facce, certe tipologie, esisteva ancora qualche superstite tipo Sora Lella, qualche caratterista tipo Mario Brega. Poi improvvisamente è cambiato tutto, è cambiata la vita, è cambiata la fisionomia della città. Questa fisionomia la puoi riscoprire soltanto in alcuni film, in alcuni bei romanzi, in alcuni bei racconti. La puoi riscoprire in Pasolini, in Moravia, nei film in bianco e nero della commedia italiana. Poi dopo si è andato tutto quanto un po’ trasformando. Cosa avrei fatto oggi se non fossi diventato Carlo Verdone? I miei studi erano degli studi storico-religiosi, la mia laurea l’avevo già definita, era una laurea in storia delle religioni. Poi Roberto Rossellini mi prese al centro sperimentale di cinematografia e a quel punto ho cambiato la tesi di laurea, ho fatto l’influenza della letteratura italiana nel cinema muto italiano. Una tesi indicata anche da mio padre, ovvio, ma di cinema muto ne sapevo abbastanza. Io praticamente ho fatto quel che non pensavo di fare, e quel che pensavo di fare non l’ho fatto. In realtà la vita ha scelto per me”.

Sul pubblico: “Non finirò mai di ringraziare il pubblico, io posso essere anche stato bravo in alcuni film ad aver consegnato un periodo, delle battute, dei personaggi, dei tic, delle gestualità, ma il pubblico mi ha dato la spinta più forte, è stato il mio turbo, mi ha aiutato a proseguire, senza pubblico non vai da nessuna parte”.

Ancora qualche aneddoto sui suoi esordi: “Facevo tutto l’esatto contrario che il mio agente voleva che facessi. Tutte le mie decisioni erano giuste, tutte le sue decisioni erano sbagliate. Mi sono sempre amministrato nel migliore dei modi, ho dato retta al mio buonsenso anziché alle intuizioni del mio agente. Se avessi accettato un altro produttore al posto di Sergio Leone, sarebbe andato tutto in maniera diversa. Io dopo ‘Non stop’ ebbi la telefonata di tutto il cinema italiano che voleva fare un film con me ma dicevo sempre di no. Soltanto Sergio Leone quando mi chiese di scrivere e dirigere un film mi convinse. Questo fatto che un grande personaggio come lui abbia puntato su un giovane all’epoca fu molto importante. Era un grande produttore ma soprattutto un grande regista, ma me lo sono cercato, ho atteso, sono andato avanti dicendo più no che sì”.

Un messaggio ai giovani: “Possono avere tutto il talento che vogliono, ma si devono amministrare bene. E poi mi spaventa una cosa dei giovani, non hanno memoria storica, zero. E’ mai possibile che io chieda a uno studente che sta facendo una scuola d’eccellenza di cinema se ha visto i film di Ugo Tognazzi e lui mi risponda che i fratelli sono due e poi mi fa scena muta. Con quel ragazzo sono stato molto antipatico, ma è inaccettabile. Stai al secondo anno e non sai chi è Ugo Tognazzi? Ma io ti spacco il telefono in testa. E’ follia, questo significa memoria storica zero e ignoranza enorme. Se io ho fatto quello che ho fatto, lo devo anche alla lezione dei grandi padri della commedia. Io frequentavo i cineclub con una tesserina che mi ha regalato mio padre e andavo cinque giorni su sette al film studio di Roma, l’ho fatto per tre anni. Ho visto di tutto. Alla fine una piccola cultura cinematografica ce l’ho avuta, me la sono fatta. Quindi ai ragazzi dico che la cultura è fondamentale”.

Un piccolo aneddoto sul film ‘Un sacco bello’: “Enzo e l’amico di Martucci non arriveranno mai a Cracovia. Il bullo mette in macchina l’amico di Martucci, partono, ma c’è una chiazza d’olio sotto l’automobile. La macchina perdeva l’olio, quelli arrivano a Orte e si fermano. Non arriveranno mai a Cracovia”.

Su Compagni di Scuola: “Io ho sempre pensato che a rubare i soldi a Finocchiaro fosse la padrone di casa interpretata da Nancy Brilli. E anche Finocchiaro a un certo punto parlando con De Sica gli dice che è stata lei. Alla fine lei è stata cacciata via di casa, non ha una lira, l’amante la sta mandando via, quindi per me quel film là vede una ladra, Nancy Brilli, la padrona di casa”.

Sul suo rapporto con i social: “Sono su Facebook, sono stato quasi obbligato ad aprire una pagina. Alcuni miei fans si spacciavano per me, pubblicavano foto anche private prese dal mio sito. A quel punto ho deciso di sbarcare su Facebook e devo dire che la mia è una pagina molto pacata, non mi va di aprire polemiche, perché siamo talmente pieni di polemiche e di blog che fanno discussioni anche in maniera violenta, che a me questo non interessa. Fino ad ora devo ammettere che è gradevole, regalo sempre qualche curiosità, qualche racconto, qualche aneddoto”.