«Prima ci avete visti su una collina della Siria. E oggi siamo a sud di Roma, nella terra dell’Islam, in Libia». La scioccante macchina comunicativa dello Stato Islamico si è rimessa in moto. Le parole, pronunciate in inglese con con accento americano, sono quelle di un jihadista incappucciato dell’Isis, protagonista dell’ennesimo raccapricciante video di terrore e violenza, intitolato “Messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce” e attribuito a un gruppo di miliziani che si definiscono “Lo Stato Islamico della provincia di Tripoli”. Un video che mostra la decapitazione, su una spiaggia libica del Mediterraneo, a 450 chilometri dal suolo italiano, di ventuno cristiani copti egiziani, rapiti tra la fine di dicembre e gennaio. E in cui le minacce al nostro Paese prendono forma e concretezza.
L’ESTETICA DELL’ORRORE E LE MINACCE A ROMA – Un video, come sempre, curatissimo nei dettagli, lontano anni luce da quelli spogli e a ripresa fissa di Osama Bin Laden. Montaggio, inquadrature in HD, effetti sonori: tutto qui concorre a creare un’estetica dell’orrore che generi angoscia negli occidentali e immedesimazione tra i sostenitori dello Stato Islamico. In cinque minuti di filmato sono ripresi i ventuno ostaggi in tuta arancione mentre camminano su una spiaggia libica, affiancati da uomini incappucciati e vestiti di nero. I cristiani vengono fatti inginocchiare contemporaneamente. Alle loro spalle ci sono i carnefici pronti, coltello in pugno. La telecamera inquadra il loro portavoce, passamontagna beige e tutta mimetica, che attacca i “crociati cristiani”, nominando anche la città di Roma.: «Il mare in cui avete nascosto il corpo dello sheikh Osama Bin Laden – minaccia –, lo giuriamo su Allah, sarà mescolato con il vostro sangue». Nero e stacco di telecamera di nuovo sulle vittime sacrificali. C’è chi prega, chi piange, chi attende rassegnato con la testa china. Poi di nuovo nero, musica dell’Isis in sottofondo, respiri mozzati, suppliche e, infine, le atroci immagini della carneficina. Le riprese indugiano sulle teste mozzate e sulle mani insanguinate dei boia mentre la musica aumenta d’intensità. Il portavoce in passamontagna lancia la sua ultima minaccia a Roma, col coltello puntato verso il Mediterraneo, mentre il mare si tinge di rosso sangue.
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IL VIDEO DELLA DECAPITAZIONE – “La coscienza passa sempre attraverso la conoscenza e non la negazione, censura o aggiramento della realtà” diceva Domenico Quirico, giornalista della Stampa rapito in Siria nel 2013 e rilasciato dopo 5 mesi di prigionia. Noi abbiamo quindi deciso di condividere quel video ma ne sconsigliamo comunque la visione a chi è particolarmente sensibile o debole di cuore.
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