Paolo Berdini è l’assessore in pectore della nuova giunta della sindaca Raggi, ma non è comunque uno sconosciuto.
Lo ricordiamo quando, in anni non sospetti, sosteneva che la metro C, il cui tracciato dovrebbe arrivare a Piazza Venezia fra cinque o sei anni, sarebbe stato un costoso bidone che poteva benissimo venir sostituta da una linea leggera di superficie sul tracciato Roma-Pantano. Nemo profeta in patria, soprattutto quando uno come Berdini, da sinistra, criticava aspramente il piano regolatore Veltroni/Morassut del 2008 facendosi un sacco di nemici. Quando poi ci si mette la rivalità con l’ultimo assessore all’urbanistica di Marino, Giovanni Caudo, sul nuovo stadio a Tor di Valle e altro, non è che ti portano sugli scudi. Eppure Berdini sa benissimo che sullo stadio girano enormi investimenti e opportunità di lavoro, così come sulle Olimpiadi. Così lui ieri mattina arriva ad un convegno della CNA alla Garbatella e abbraccia il direttore Lorenzo Tagliavanti «amico mio».
I NUMERI DELL’URBANISTICA
Il Tavaglianti gli spiattella le cifre di una città dove gli appalti per le opere pubbliche registrano un calo di fatturato del 75%, abisso storico degli ultimi 15 anni. Un bel flop per una città che oltre a non costruire ed investire ha oltre 13 miliardi di deficit accumulato negli ultimi venti anni e che per Berdini è già tecnicamente fallita. Ragione di più per fare lo stadio e le Olimpiadi, suggeriscono quelli del Pd che su queste due chance hanno fondato la campagna elettorale. Ma Berdini la pensa diversamente: «Faccio io una domanda a voi: io ho 13,5 miliardi di deficit, arrivano 400 milioni che io spendo per una zona (Tor di Valle) dove abitano zero cittadini. Poi a Tor Bella Monaca ci andate voi a dire che non facciamo il potenziamento del trasporto perché 400 milioni li spendiamo così?»
I FONDI E L’IMMAGINE DI ROMA
Eppure lui non è un bolscevico e si rende conto che con questo fardello di “debiti capitale” l’intervento dei privati «è il motore dello sviluppo della città». Allora suggerisce di fare lo stadio da un’altra parte come avvenuto a Manchester, Parigi o Torino dove lo stadio non è in un deserto, ma nella città. Chiusa la parentesi stadio resta il fatto che «questa città crolla dal punto di vista dell’immaginario internazionale» a causa di Mafia Capitale e allora tocca ricostruire «il profilo di una pubblica amministrazione che possa essere eticamente punto di orientamento per le imprese che vogliono lavorare e produrre per questo Paese».
CAPITALE SENZA SOLDI
Bene, moralizziamo e pure di corsa, ma i soldi non ci sono. Di chi è la colpa? Del Governo che in tre anni ha tagliato 17 miliardi di trasferimenti ai presunti comuni spreconi (stime Anci), mentre il volume della spesa pubblica non è diminuita. Allora Berdini vuol capire «se questo taglio dei trasferimenti continua o anche qui c’è inversione… sarebbe un segnale straordinario alle imprese, la fine di un salasso per ricominciare a guardare al futuro» dice Berdini che mette le mani avanti. Perché questo è il vero problema della Raggi e non l’assalto alla diligenza delle varie fazioni grillesche.
Allora aspettiamoci un “salva Roma quater” poi vedrete che in aula voteranno convinti la Lombardi, la Taverna e il rampante Di Maio. Altrimenti “ciaone” alla Roma del Movimento 5Stelle che poi avrà poco da “strillà” al ‘gomblotto’
Giuliano Longo