Campidoglio, Salvatore Tutino si fa da parte: non sarà lui l’assessore al Bilancio

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Come nel gioco dell’oca Virginia Raggi ritorna alla casella di partenza. Infatti  Il consigliere della Corte dei conti Salvatore Tutino si fa da parte nella corsa per il ruolo di assessore al bilancio del comune di Roma.

L’ACCUSA – A raffreddare la sua disponibilità l’accusa di far parte della ‘casta’ che gli è stata mossa da alcuni esponenti grillini a cominciare da Roberto Fico. «Non posso accettare – ha spiegato Tutino – accuse totalmente infondate e prive di ogni elemento di verità. Avevo dato la mia disponibilità consapevole delle difficoltà e dei rischi che l’impegno avrebbe comportato. Ma pensavo a difficoltà legate all’impegnativo lavoro che mi sarei trovato ad affrontare come assessore al Bilancio della Capitale». Invece da diversi giorni – continua Tutino – «sono sulla graticola sottoposto a esami surreali. Sono diventato oggetto di una contesa in cui, più che i curricula, contano le illazioni e dove le falsità e le beghe di una certa politica fanno aggio su professionalità e impegno. Gli attacchi, del tutto ingiustificati, da parte di esponenti della forza politica che dovrà sostenere le scelte della giunta (m5s, ndr), minano alla base ogni possibilità di un proficuo lavoro».

L’AFFONDO – Quindi tante grazie e cordiali saluti, rimango alla Corte dei Conti. Poi una scusante per la sindaca che pesa come un giudizio di incapacità a controllare il suo ‘raggio magico’: «Il primo che si alza batte un colpo  e anche le persone animate da buone intenzioni e serie come la Raggi, se non sono messe nelle migliori condizioni non possono fare molto». Messa così, l’impressione che si ricava è quella di una amministrazione fuori controllo dove le decisioni di Virginia vengono messe in discussione da chiunque del suo entourage sia ancorato più a fobie ideologiche di purezza, che non alla necessità di governare con competenze accertate. Di questa singolare situazione si deve essere reso conto anche il dirigente della Consob Minenna che dopo le dimissioni della capo di Gabinetto Raineri, ha pensato bene di alzare i tacchi. Per il Bilancio la Raggi allora ha puntato su magistrati contabili possibilmente pensionati o pensionabili che andrebbero a gestire una delega castrata dalle fondamentali competenze sulle municipalizzate, baratro finanziario e gestionale. Dopo la raffica di nomi e di canditati al Bilancio, oltre al dimissionario Minenna, quali la Morgante (in pectore), il De Dominicis (teoricamente ancora in carica) e da ultimo Tutino, sarà molto difficile pescare dal bacino della Corte dei Conti, la cui provenienza, secondo il credo grillino, non risulterebbe garanzia di legalità e competenza. Perché chi tocca il Bilancio muore fulminato e non è certo il caso di lasciarci le penne per 3.500 euro mese.

MONTICELLI – Ultimo baluardo resterebbe il presidente del Tar di Sardegna Monticelli, anche lui prossimo alla pensione, di cui si era fatto il nome come capo di gabinetto in sostituzione della Raineri, ma completamente scomparso dai radar. Ha un bel dire la Raggi che Tutino «era una delle persone che stavamo esaminando, ma il nome arriverà presto». Resta il fatto che dopo i 100 giorni dal suo insediamento, la fiducia riposta in lei da Grillo, fra un balletto e l’altro, potrebbe anche vacillare. Ironia della sorte, verrebbe confermata quella teoria del “gomblotto” della senatrice Taverna, messa in atto dai ‘poteri forti’ per screditare il movimento, peraltro a due mesi dal referendum costituzionale che secondo Raggi&soci dovrebbe mandare a casa Renzi. Nè basterà il sabaudo successo della Appendino a Torino per togliere le castagne dal fuoco a Grillo, perché Roma è pur sempre Roma.
Giuliano Longo

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