Ladispoli, Siro Bargiacchi: «Attenti ai voti di pancia: l’esperienza Trump insegna»

L'ex sindaco dice la sua sulla sfida lanciata dai 5Stelle e invita il Pd a non nascondersi dietro le liste civiche

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di ALBERTO SAVA

L’avvocato Siro Bargiacchi è stato sindaco a Ladispoli dal 1985 al 1990, un quinquennio durante il quale furono realizzate tantissime opere pubbliche con importanti investimenti. Ricordiamo che fino al 1970 Ladispoli era la frazione di Marina di Cerveteri, unitamente a Campo di Mare. Poi divenne Comune e, nel 1985, dopo quindici anni di autonomia, fu il sindaco Siro Bargiacchi ad avviare opere fondamentali come il depuratore (progetto Snam), la nuova sede comunale di piazzetta Falcone, il nuovo Istituto Alberghiero, la lottizzazione Cerreto per il recupero dell’abusivismo dell’epoca (spese dei lottizzatori), la metanizzazione e la nascita del trasporto urbano a Ladispoli ed il via alla nascita del posto di primo intervento e tantissimi altri interventi infrastrutturali minori, ma non per questo meno importanti.
Durante tutto il suo mandato fu fattivamente impegnato in tutti i campi dello sviluppo del Comune e gettò le basi di quel profilo urbanistico, di viabilità ed arredo urbano, che nel tempo è diventata la Ladispoli che conosciamo oggi: una città sicuramente molto diversa da trent’anni fa, ma ancora con alcuni problemi fermi agli anni ’80.
E tra questi il turismo in tutte le sue sfaccettature: dal mordi e fuggi dei fine settimana alle case in affitto nei mesi estivi, da una statica ricettività alberghiera, con punte di eccellenza a cinque stelle, ai campeggi e soste camper del lungomare di via Roma, quest’ultimi tutti sbarrati dai sigilli della guarda di finanza dallo scorso agosto.
Oggi incontriamo l’ex sindaco per porgli alcune domande.

La sua è stata una sindacatura concreta e produttiva per Ladispoli. Come mai non ha regolamentato il turismo ricettivo, che già era avviato?

Mi chiede per prima cosa, perché durante la mia amministrazione non sia stato fatto nulla per il turismo ricettivo. Potrei rispondere che allora prese vita La Posta Vecchia, albergo pluristellato che il mondo ci invidia, ma so bene che Lei parla del sistema turistico ricettivo impiantatosi sulla costa nord di Ladispoli, recentemente “debellato” da una iniziativa giudiziaria che, per forma mentis, non riesco a condividere. La verità è che allora ricevetti una situazione consolidata che non interessava sfere diverse dal piccolo mondo dei camperisti, naviganti, sportivi e utenti di ristoranti e pizzerie, e nessuno, me compreso, aveva interesse e voglia di turbarne l’equilibrio. Col senno di poi posso dire di aver sbagliato, come dimostra la cogente necessità di intervenire dopo gli interventi repressivi di questa estate, che qualche stolto annovera a propria gloria, come se si possa far politica sulle disgrazie altrui, specie quando si riflettano sulla collettività comunque incolpevole.

In primavera Ladispoli tornerà alle urne. Cinque Stelle punta all’alternanza dopo venti anni ininterrotti di centrosinistra. Crede che i ladispolani vogliano cambiare?

Sulla questa domanda faccio tesoro delle presidenziali americane.
Non ho difficoltà ad ammettere che ho non solo tifato, ma veramente creduto al successo della Clinton, così miseramente smentito dal risultato delle urne. E tutto questo insegna che i maître à penser, siano essi giornalisti, politologi, statistici e benpensanti, dovrebbero tutti cambiare mestiere. L’elettore a volte vota con la testa, più spesso con la pancia, ma nessuno osi criticarlo perché questa è la democrazia: una testa, un voto. E ogni tentativo di creare una scala di valori tra il voto dell’uno o il voto dell’altro, porterebbe necessariamente all’aristocrazia dell’elettore, preludio all’aristocrazia del potere, di cui certamente non abbiamo bisogno. Dunque il Movimento Cinque Stelle ha diritto come tutti di aspirare all’amministrazione della città, mirando alla pancia dell’elettore. Sulla possibilità che vi riesca, vale quanto appena detto per le elezioni americane.

L’operazione provinciale e nazionale di convogliare i consensi democrat su Pascucci possiede un respiro meramente localistico, oppure è da leggere come una strategia più ampia, che punta a schermare il simbolo del partito dietro quelli delle liste civiche, al fine di arginare populismi e movimenti già fortissimi a livello nazionale?

Questa domanda mi mette in grande difficoltà. Non ho la mente del politico e non m’intendo di strategie elettorali. Però la previsione che il Pd possa mascherarsi dietro i simboli delle liste civiche mi ripugna: l’elettore deve essere convinto, non ingannato. E chi si candida deve essere lucido e trasparente, non solo sui programmi, ma anche sulla sua appartenenza e sui compagni di viaggio.

 

L’articolo in versione integrale sul Giornale della Provincia del 14 novembre 2016

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