Fonte Nuova, immigrazione, Referendum e crisi idrica. Temi caldi spiegati dal segretario del Pd provinciale romano, Rocco Maugliani, in una intervista a 360 gradi.
Mercoledì il sindaco Cannella ha confermato le sue dimissioni. Cosa è successo all’interno della maggioranza Pd?
«La maggioranza non funzionava più per una serie di circostanze, era implosa con alcuni consiglieri comunali che avevano fatto una scelta di uscire dal Partito Democratico per fare un gruppo autonomo. Nell’ultimo anno e mezzo avevano avanzato richieste sempre più pressanti e sempre più difficili da sostenere e che avevano sempre di più il sapore di un ricatto. Quando un’amministrazione comunale viene ricattata dall’interno è chiaro che non ha più l’autonomia e la forze per reggersi per fare cose utili per i cittadini. Questa è stata una delle cause fondamentali. Come partito avremmo dovuto fare quadrato maggiormente nei confronti dell’Amministrazione comunale e forse anche il sindaco avrebbe potuto fare qualcosa di più. Al netto di tutte queste difficoltà, Fonte Nuova aveva le condizioni per fare delle cose utili e la giunta, soprattutto dopo che la crisi che si era chiusa a dicembre scorso, stava producendo un lavoro positivo. Penso all’avvio della raccolta differenziata, alla situazione dell’asilo, quindi scuole, e a una serie di attività che aveva calendarizzato e che avrebbero avuto dei benefici per la comunità».
Il Pd dopo questa avventura potrebbe aver perso consensi a Fonte Nuova?
«Quando si va a casa senza completare un mandato c’è sempre il rischio di un contraccolpo negativo di fronte l’elettorato. Starà a noi mettere in campo una proposta politica convincente, che tenga conto degli errori di questi mesi e che sappia ripartire dal buono che si era fatto!.
Circa 10 giorni fa è scattato l’allarme acqua in alcune località di Fonte Nuova. per la presenza di diversi metalli pesanti e batteri. Cosa è stato fatto?
«La crisi dell’amministrazione comunale ha pesato anche sulla gestione ordinaria di problemi che non hanno interessato solo Fonte Nuova, ma anche altri comuni. Del resto il problema dell’acqua è connesso alle situazioni ambientali che si sono verificate negli ultimi mesi. Riguarda anche un rapporto con il gestore che deve essere forse più proficuo per tutti. Non voglio fare polemica con nessuno, ma credo ci sia sulla vicenda dell’acqua la necessità di mettersi a tavolino e di fare un ragionamento che sia più coerente».
Diversi comuni si sono ritrovati senza sindaco, penso a Capena, Castelnuovo, Guidonia e la stessa Fonte Nuova. Come procederà il Pd? Rimani la questione delle primarie oppure no?
«Intanto bisogna dire che queste amministrazioni non sono tutte del Pd, solo Fonte Nuova. Ma mentre a Fonte Nuova siamo stati i primi a renderci conto di un fallimento, decidendo di staccare la spina, in altri comuni mi pare la situazione sia avvenuta per implosione interna e non per una presa di coscienza. C’è però un tema generale che riguarda tutti i partiti, anche il Pd, nel nord della provincia di Roma, ma anche in altre parti. Penso a Grottaferrata e Frascati. Sono amministrazioni cadute anzitempo. Se aggiungiamo anche le Amministrazione di Sant’Oreste e di Marino, molti comuni che nel 2014 hanno votato, hanno rivotato nel 2016 o dovranno farlo nel 2017. Probabilmente è la dimostrazione che c’è un sistema di governo locale che va ripensato, sia nel mettere in piedi coalizioni che abbiano una loro stabilità, sia sulla qualità complessiva. Le primarie sono uno strumento per scegliere il candidato sindaco. Se ci serviranno per trovare candidature che aiutino a cementare una coalizione e a renderla più forte, allora faremo le primarie. Se dovessero essere uno strumento di divisione, no. Se parti dal candidato sindaco rischi che la coalizione vada in frantumi. Se parti dalla coalizione e da un programma che la tiene insieme, allora forse il candidato sindaco diventa più forte».
C’è stata una manifestazione a Fiano contro il centro accoglienza, alla luce delle molestie subite da un minorenne da parte di un immigrato. Anche il Cara di Castelnuovo è spesso protagonista di eventi criminali. C’è un rischio per la sicurezza?
«Devo ringraziare i nostri sindaci che in questi mesi hanno dato prova di grande su un’emergenza che va contenuta, ma con serietà. Nessuno vuole negare l’esistenza di questo problema, ma credo sia utile non esasperarlo ogni volta che si presenta un singolo caso di delinquenza. Altrimenti rischiamo di creare una psicosi complessiva. Abbiamo sviluppato una buona collaborazione fra sindaci e amministrazioni locali e prefettura, cercando di gestire l’emergenza con grande equilibrio. Chiaramente con un flusso così continuo, la gestione del problema non è sempre semplice. Non vedo sindaci lasciati soli. Vedo degli amministratori locali che sono più efficienti, è il caso di Fiano Romano dove il sindaco Ferilli sta facendo un ottimo lavoro. Poi ci sono amministrazioni dove il tema è stato gestito in maniera raccapricciante e la delinquenza che non riguarda solo il singolo immigrato accolto, ma tutto ciò che c’è dietro l’immigrazione clandestina».
In vista del Referendum i sindaci si stanno schierando, ognuno dicendo la sua. Ci sono forti tensioni oppure no all’interno del Pd locale?
«Tutti questi sindaci schierati per il No non li vedo. Vedo una grandissima mobilitazione per il sì nella provincia di Roma, molto forte del Pd, come ad esempio nella manifestazione di Piazza del Popolo dove abbiamo organizzato 24 pullman, più di mille persone. Vedo anche una grande mobilitazione di banchetti la mattina. Sappiamo che sarà una battaglia complessa».
Se dovesse vincere il Sì, c’è preoccupazione fra i sindaci di un’eventuale difficoltà nello svolgere due ruoli diversi?
«Assolutamente no. I sindaci si ritroverebbero a fare in Italia quello che già fanno in Germania, Francia e Spagna. Vale a dire, sarebbero dentro una Camere delle autonomie locali che avrebbe come scopo essenziale di avere un rapporto diretto con lo Stato centrale. Oggi, almeno i sindaci che rappresentano i comuni più importanti in organismi come l’Anci, rappresentano già le istanze del governo locale in sede nazionale. Non si troverebbero a fare diversamente quello che già fanno, ma farebbero meglio perché avrebbero un luogo. Il Senato potrebbe concentrare la propria attività in 2,3,4 giorni al mese. Oggi i sindaci dei comuni più importanti stanno già a Roma almeno due volte al mese per parlare con il ministero, piuttosto che interloquire con il sottosegretario».
Alessandro Moschini