Domani mille pastori, con le loro pecore, invaderanno la Capitale per denunciare le difficoltà del comparto produttivo laziale del Pecorino Romano penalizzato da una politica di filiera pesantemente influenzata dai poteri forti, ma anche per sollecitare il Consorzio di Tutela della Dop a prestare più attenzione nei confronti degli allevatori, in particolare di quelli romani e laziali relegati ai margini del circuito produttivo dallo schiacciante predominio sardo. «Martedì saremo in piazza, al Foro di Traiano, per aprire una vertenza sindacale che ripristini equilibrio nei rapporti interni alla filiera e – spiega il presidente della Coldiretti del Lazio, David Granieri – introduca equità nella gestione degli interessi economici dei due distinti, ma complementari, sistemi produttivi regionali di Lazio e Sardegna». Negli ultimi mesi si sono verificati episodi che hanno causato gravi danni di immagine e perdite economiche alla pastorizia e alla produzione del Lazio, che conta 3.000 allevamenti con un patrimonio di 750.000 capi ovini e 359 imprese di trasformazione, 3 delle quali accreditate a produrre Pecorino Dop. A ottobre i carabinieri del Nac (Nucleo anticontraffazione) sequestrarono presso un caseificio della Capitale 500 caciotte (per un totale di 10 quintali) soltanto perché recavano in etichetta la dicitura Romano che, stando alla tesi del Consorzio di Tutela, smontata dal ricorso presentato dalla Coldiretti, rischiava di pregiudicare la reputazione del Pecorino Dop, ingenerando confusione tra i consumatori. Ma la battaglia sindacale è altro che chiusa. «Presto – aggiunge Granieri – saremo chiamati a contrastare gli effetti di un annunciato surplus di produzione che intanto si è rivelato infondato, ma che tuttavia rischia di causare il deprezzamento del latte ovino ai minimi storici».
«Non rinunceremo mai – puntualizza Aldo Mattia, direttore della Coldiretti del Lazio – al marchio Romano, che ci appartiene per storia e per territorio. Martedì chiederemo al Mipaaf di istituire, come da nostra richiesta già esplicitata in un dossier, la nuova Dop del Cacio Romano e chiederemo al Consorzio di Tutela di valorizzare la filiera laziale del Pecorino attraverso la introduzione di un sottomarchio che permetta al nostro prodotto di essere venduto sui mercati con la dicitura Pecorino Dop Laziale, per potersi così distinguere chiaramente da quello prodotto in Sardegna che oggi monopolizza le vendite».