Salvate il sodato Rai!

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Senza soldi non si cantano messe! E’ uno dei detti popolari più conosciuti, in tema di “economia domestica”. Oggi potremmo dire che senza soldi non si produce televisione.

MAMMA RAI

Eh si, alla fine la tv costa e si vede (nel senso materiale del termine), al contrario della politica, che costa e basta, senza farsi vedere tranne che nell’assenza del suo prodotto… mi riferisco agli effetti positivi delle leggi che dovrebbero aiutare la comunità (si fa per dire, non sapevano neanche che la legge che impone il tetto agli stipendi già esisteva, bastava farla applicare).

LA CONCORRENZA

Mediaset e Sky per un attimo hanno sperato che accadesse la rivoluzione dei compensi con l’introduzione del tetto dal primo Aprile, sarà stata la data (…un pesce d’Aprile) ma giustamente il tetto non sarà applicato.

Se poi vogliamo dirla tutta questo lievitare dei compensi fu causato negli anni ’80 dall’allora Fininvest che propose ai personaggi della Rai cachet stratosferici. Raccontava Mike Bongiorno che all’epoca lui percepiva dalla Rai uno stipendio mensile paragonabile a cinque/dieci milioni di lire al mese.

IN CASO MIKE BONGIORNO

Un bel giorno arrivò un certo Silvio Berlusconi che gli propose seicento milioni di lire al mese. Voi cosa avreste fatto? Allora la Rai si dovette adeguare. Oggi Mediaset e Sky sono in bolletta, e ancora una volta la Rai dovrebbe rinunciare al suo equilibrio. In tutto questo gli slogan populisti imbrogliano le acque.

Gli stipendi di Fazio & C. si pagano con la pubblicità e un buon margine rifinanzia le attività della parte di programmazione cosiddetta di “servizio pubblico”.

IN BOLLETTA

Non bastano 90 euro in bolletta (alla Rai ne arriveranno forse 50) per mandare avanti la più grande azienda culturale d’Europa. Certo un ritocco ai compensi sarebbe rispettoso del momento storico che stiamo vivendo.

Quello che mi fa specie è che in un attimo è stata approvata una legge mal scritta per introdurre il tetto agli stipendi Rai e nessuno ha approvato quella per l’abolizione del Senato. Come mai? A buon intenditor… poche parole.

Carlo Brigante