Salario accessorio ai comunales e benefits ai netturbini: così Raggi acchiappa i voti

Ma gli arretrati costituiranno un ulteriore debito

0
1401
Virginia Raggi (foto Paolo Pizzi)
Virginia Raggi (foto Paolo Pizzi)

di GIULIANO LONGO

Chissà perché da Alemanno alla Raggi passando per Ignazio Marino è ormai invalsa l’abitudine di attribuire ad ogni sia pur minimo atto di normale amministrazione, iperbole ed enfasi per eventi definiti, a dir poco ,storici o addirittura epocali. Enfasi che stride con il progressivo degrado dell’Urbe assediata dai rifiuti, paralizzata dal traffico, violentata dal vandalismo dilagante ecc.

SALARIO ACCESSORIO E COMUNALES

Per fare un esempio solo ieri la sindaca proclamava solennemente: «questo accordo è storico» magnificando il nuovo contratto per i 23.000 dipendenti capitolini, dopo 3 anni di finti scontri tra corporazioni e Campidoglio, sul cosiddetto salario accessorio. Che in soldoni significa giustificare di fatto l’aumento di stipendi talora magri. Tipo che l’accordo punta «sul lavoro di squadra e premierà finalmente il merito, ma senza logiche punitive». «I premi devono gratificare l’intera struttura, per creare spirito di squadra e consentire ai cittadini uno standard di servizio non solo buono ma eccellente.» La ciccia invece sta nei soldi che i contribuenti dovranno sborsare. Un fondo per il salario accessorio che per il momento avrà una dotazione di 157 milioni di euro: 127 milioni la parte fissa, erogata in base agli istituti contrattuali nazionali e 30 milioni parte variabile legata ai nuovi incentivi di produttività. Vi risparmiamo tutta la retorica sulla «nuova produttività degli uffici» gli «obiettivi da raggiungere legati alla qualità dei servizi», i premi «distribuiti in base ai risultati» ecc ecc. Che, basta frequentare un qualsiasi ufficio comunale per rendersi conto della validità di questi fantasiosi parametri.

LA GRANA DEGLI ARRETRATI

Meglio lasciar perdere altrimenti le corporazioni si offendono. Ma dietro a tanti proclami veniamo a scoprire dal Messaggero «la grana degli arretrati», ovvero il piano di recupero delle somme illegittimamente erogate ai dipendenti capitolini come salario accessorio dal 2008 al 2012, qualcosina come 340 milioni. Qui il ministero, il Mef, fa sapere che questi soldi non si possono recuperare attraverso mirabolanti piani di razionalizzazione della spesa, perché non possono essere assimilati al piano di rientro dal deficit predisposto dalla Scozzese con l’amministrazione Marino. Infatti quel «piano triennale è finalizzato alla riduzione del disavanzo e per il riequilibrio strutturale del bilancio». Morale, questi arretrati non possono venir scaricati dai risparmi di bilancio programmati, ma costituisco un ulteriore debito.

I LAVORATORI AMA

Se i comunales hanno pur diritto alle loro modeste gratificazioni vi è un’altra categoria che gode di alcune attenzioni. Parliamo dei 7.800 lavoratori di Ama che rappresentano un quarto di tutti gli addetti nazionali.

Qui si scopre che l’azienda ha stipulato con i sindacati un accordo nazionale che aumenta l’orario di lavoro da 36 a 38 ore settimanali. Bene, non è molto ma visto che nuotiamo nella monnezza è già qualcosa. Invece il quotidiano torinese La Stampa (ispirato dalla Appendino?) riporta che in Ama si continua a lavorare con gli stessi orari di prima. Il trucco è presto svelato perché esiste uno specifico diritto alla vestizione dei netturbini (indossare o togliere gli indumenti di lavoro, doccia, etc…). Operazioni da effettuarsi fuori dell’orario di lavoro. In cambio dell’aumento dell’orario a 38 ore (al netto di vestizione e doccia, specifica il contratto) previsto dal contratto nazionale, le aziende riconoscono l’aumento di paga (120 euro mensili a regime) più altri vantaggi.

Non è così per i dipendenti Ama che evidentemente vanta meriti speciali per la gestione dei rifiuti ed il decoro urbano della Capitale. Infatti con l’avvallo della sindaca, la dirigenza dell’azienda capitolina il diritto a vestirsi, rivestirsi e farsi la doccia è compreso nell’orario di lavoro. Quindi, 10 minuti per indossare la tuta di lavoro a inizio turno (manco fosse no scafandro) più 15 minuti a fine turno per lavarsi e rivestirsi significa che l’orario giornaliero ritorna ai livelli precedenti, anzi ancor meno, rispetto al nuovo contratto nazionale che prevede 38 oro settimanali contro le 36 precedenti. In compenso si guadagnano 120 euro in più al mese. Anzi, già che tanto lavoro logora, la pausa di 10 minuti giorno concessa dal contratto, a Roma può venir spostata a fine turno anticipando l’uscita.

IL BACINO DI VOTI

Esempi storici, epocali, di come l’amministrazione 5stelle punti palesemente sul bacino di voti rappresentato dai 60 mila dipendenti capitolini fra comunales e dipendenti delle municipalizzate. Nè più ne meno di quanto che tutti hanno fatto anche prima della Raggi. E poi ti chiedi perché Roma sia ancora indebitata per 12miliardi che italiani e romani rimborseranno per 30/40 anni. L’eternità può attendere.

È SUCCESSO OGGI...