Con una sentenza di “non doversi procedere” si è concluso il processo che vedeva imputato il cantante Gigi D’Alessio accusato di rapina maturata a seguito di una lite avvenuta l’11 gennaio del 2007 all’Olgiata con due ‘paparazzi‘ ai quali furono strappate le macchine fotografiche.
Lo hanno deciso i giudici della prima sezione penale del tribunale di Roma che hanno riqualificato i fatti originariamente contestati dalla Procura come “esercizio arbitrario delle proprie ragioni” (articolo 393 del codice penale), che è stato così dichiarato estinto per intervenuta prescrizione.
Per l’artista partenopeo e per il suo stretto collaboratore Roberto Di Maria (anche lui prosciolto) il pm Cristiana Macchiusi, la scorsa udienza, aveva chiesto una condanna rispettivamente a 3 anni e a 4 anni e mezzo di reclusione. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, i due ‘paparazzi’ si erano appostati a poca distanza dalla villa di D’Alessio nella speranza di sorprenderlo in compagnia di Anna Tatangelo, quando il gossip sul loro rapporto ancora impazzava. Già prosciolto a suo tempo dall’accusa di lesioni per le ferite riportate dai fotografi in quella lite, l’autore di successi come “Non dirgli mai“, “Tu che ne sai” e “Miele“, si era presentato in udienza il 9 marzo scorso per raccontare ai giudici la sua verità su quanto accaduto e negare di aver rapinato chicchessia: “Di fronte all’insistenza dei ‘paparazzi’ che non volevano andarsene da li’, decisi di affrontarli assieme a Di Maria: volarono parole grosse e ci fu anche una colluttazione. Io – aveva precisato D’Alessio quel giorno – chiedevo di darmi le fotografie ma i ‘paparazzi’ mi dissero che non avevano fotografato nulla. Non presi le loro attrezzature per impadronirmene, ma furono loro a darmele per dimostrare che non avevano fatto alcuno scatto. Ai carabinieri poi diedi i borsoni con gli apparecchi e loro stesero un regolare verbale”.