Blitz della guardia di finanza a Roma: 4 arresti. In carcere anche “Barba”

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I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 4 soggetti accusati di trasferimento fraudolento di beni al fine di eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Gli uomini della Gdf hanno sequestrato 2 società di capitali e le quote del capitale di una terza società, per un valore stimato di oltre 5 milioni di euro. Target principale dell’indagine, condotte dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, è stato il pregiudicato M. N., classe 1964, figlio del noto Enrico, storico cassiere e “riciclatore” della “Banda della Magliana”.

 

M. N. – conosciuto negli ambienti criminali romani con il soprannome di “Barba” (di qui il nome dell’operazione delle Fiamme Gialle) – è gravato da precedenti di polizia per traffico di droga, usura, estorsione, oltre ad essere stato colpito da una misura di prevenzione personale e patrimoniale. Le indagini, iniziate nel dicembre 2015, sono state sviluppate attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti, appostamenti e meticolosi accertamenti economico-patrimoniali, consentendo di individuare il circuito di relazioni di N. che – ancorché in maniera occulta, attesi i trascorsi giudiziari – è emerso come dominus di rilevanti investimenti nel mercato immobiliare dell’hinterland romano. Tra le varie iniziative imprenditoriali spicca la realizzazione di un importante complesso residenziale, composto da ben 42 immobili di pregio, con un investimento iniziale pari a circa 3 milioni di euro di sospetta provenienza.

Erano fino a stamane due le società di capitali utilizzate per la realizzazione di tali investimenti, entrambe con sede a Roma: la prima, utilizzata per acquistare il complesso immobiliare e portare a completamento i lavori di costruzione delle abitazioni; la seconda, incaricata dell’alienazione delle abitazioni agli acquirenti finali. Le citate società, oggi sequestrate, erano di fatto gestite da N. in quanto i formali soci e amministratori erano meri “prestanome” che, per di più, operavano anche a favore di altri due noti pregiudicati gravati da precedenti di polizia per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, furto, rapina, violenza e truffe. I due, destinatari di Ordinanza di Custodia Cautelare e tuttora oggetto di ricerche anche all’estero, “schermavano” al pari del N., i loro rilevanti apporti di capitale, di origine ignota, intestando le partecipazioni societarie a congiunti e soggetti contigui – anch’essi, pertanto, qualificabili come prestanome – allo scopo di eludere la normativa antimafia ovvero favorire operazioni di riciclaggio.

In questo contesto, si inserisce la figura di un imprenditore romano  che secondo gli investigatori era incaricato della gestione dei rapporti con gli occulti finanziatori delle lucrose speculazioni immobiliari. Più in particolare – si sottolinea – avrebbe agito come factotum di N.: incaricato solo formalmente dell’amministrazione , era privo di qualsivoglia autonomia decisionale e, di fatto, “asservito” a N., cui riferiva tutte le vicende gestionali della società.

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