Se ieri le presenze al convegno di Mdp Articolo Uno sui problemi di Roma erano davvero pochine, stamane, come prevedibile, l’intervento di Massimo D’Alema ha riempito la sala e lui non si è certo tirato indietro rispetto alle attese di quelli, che anche a Roma, hanno lasciato il Pd.
L’apertura del suo intervento, come era prevedibile, è stata dedicata alla ultime vicende politiche, in particolare a quelle della ri-nomina del governatore della Banca D’Italia Vincenzo Visco osteggiata da Renzi con una mozione parlamentare. Una scelta politica segnata dalla assenza del Pd dei ministri Renziani al consiglio dei ministri che ha proposto la nomina che ha definito un «segno di irresponsabilità istituzionale, di incapacità di accettare l’ennesima sconfitta» che «è l’ennesima sconfitta di Renzi. La prossima sarà in Sicilia.»
Dopo aver accennato al cambiamento della maggioranza determinato dall’appoggio dichiarato di Verdini al governo Gentiloni, D’Alema è entrato nel merito dei problemi di Roma. «La missione di Roma è garantire l’unità nazionale che è uno dei grandi temi non discussi, ma uno degli aspetti più di fondo della crisi italiana.» Aggiungendo «mai come in questo momento l’unità nazionale è colpita dall’aumento delle diseguaglianze territoriali e sociali.»
Una situazione dovuta al decadimento del welfare pubblico per cui «una parte del nord reagisce allargando un sistema di welfare aziendale che separa in due la cittadinanza.»
La vera novità storica è invece che Roma «sta diventando la capitale del mezzogiorno, la parte più debole del Paese.»
Una Capitale dimezzata nella quale nei nei quartieri periferici di Roma si dice «dopo aver tentato con M5s, siamo delusi e non voteremo più, a meno che non costruite qualcosa di serio» Quindi «serve uno sforzo di vicinanza fisica nei punti di sofferenza, del conflitto, nel mondo del lavoro, tra le case occupate. La sinistra ha perso questa capacità, noi dobbiamo recuperarla» una vicinanza alla gente in difficoltà che oggi ha solo il mondo cattolico.
Ai tempi del Giubileo, ha ricordato «avemmo a Roma sindaci fortunati» che avevano accesso «non a Calenda, ma a Palazzo Chigi» per risolvere anche il solo blocco di una infrastruttura, «all’epoca si disse che era la scoperta del secolo, che avevano trovato la villa romana più importante della storia. E invece erano quatto pietre. E per prendere la decisione di spostare quelle quattro pietre – ricorda D’Alema – serviva un Consiglio dei Ministri. Io dovetti fare un Consiglio per costruire un parcheggio, altrimenti i pullman dei pellegrini non avrebbero potuto parcheggiare.»
Se quindi eccorre una grande politica di investimento mentre oggi le risorse dello stato vengono destinate ad esclusivo vantaggio delle imprese, la politica deve fare la sua parte e ribadire il suo primato contro i populismi che giovano solo ai ricchi. Per questo occorre «ricostruire una coalizione in grado di affrontare i nodi di questa città, rilanciarla a partire dalle risorse, pensiamo al patrimonio culturale e una organizzazione efficace del turismo, e accanto alla ricchezza della ricerca» come , penso la città della scienza «per recuperare pezzi di città»
Ma ha aggiunto realisticamente «siamo una forza limitata e se ci poniamo obiettivi troppo ambiziosi e non realistici rischiamo di venire meno al nostro dovere che è quello di fare in modo che nella politica italiana tornino gli ideali e i valori della sinistra.» È chiaro, ha concluso, che la sinistra deve fare alleanze «ma la condizione per fare la politica delle alleanze è esistere e penso che una parte importante di questo processo avvenga a Roma.»
Giuliano Longo