Sergio Pirozzi si candida alla presidenza della Regione Lazio con una sua lista

Una possibilità che la nostra testata aveva previsto da tempo

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Sergio Pirozzi
Sergio Pirozzi

Fra retroscena, interviste, dinieghi e smentite Sergio Pirozzi, il mediatico sindaco di Amatrice, decide e lo annuncia nel corso di una trasmissione televisiva di Rai Parlamento che andrà in onda sabato. Pirozzi si candida alla presidenza della Regione Lazio con una sua lista civica, opzione che questa nostra testata prevedeva da tempo.

Le motivazioni di questa sua decisione le illustrerà probabilmente nel corso di una prossima conferenza stampa. Al commentatore spetta, per quanto possibile con la politica sempre più imprevedibile e fluida, comprenderne gli effetti che comunque non saranno irrilevanti nella competizione elettorale prevista per marzo.

A invogliare il sindaco in questa sua decisione oltre alle motivazioni politiche, ci sono sicuramente i sondaggi che lo danno a percentuali di due cifre, ma che evidentemente non convincono i maggiorenti di Forza Italia ancora alla ricerca del candidato perduto e l’ala dura dei Fratelli D’Italia. 

Il fatto è che il sindaco di Amatrice, che non ha mai negato le sue radici politiche di destra, afferma “di non voler fare litigare i partiti sul suo nome” assumendo così una posizione in qualche modo super partes.

D’altra parte Pirozzi è un personaggio piuttosto scomodo che vorrebbe fare qualcosa di nuovo, così tira fuori dal cilindro una lista che, sempre secondo i sondaggi, potrebbe pescare voti non solo dalle parti della Meloni e di Berlusconi, ma fra le fila grilline magari recuperando qualcosina da sinistra e dal il partito maggioritario delle astensioni.

Lo ha capito Matteo Salvini che ha preso la palla al balzo puntando su Pirozzi anche se il suo peso elettorale nel Lazio non è gran che, scelta giustificata dal fatto che lui, il Lumbard, è fuori dalle beghe e dalle faide romane e regionali della destra ex aennina e forzitaliota.

C’è chi nella scelta di presentarsi con una sua lista civica vede una mossa, una prova di forza per far convergere tutta la destra sulla sua candidatura, ma la questione è talmente delicata che non saranno i boiardi locali a decidere sul suo nome, bensì la trimurti Berlusconi/Meloni/Salvini ormai ringalluzziti da voto siciliano e dalla prospettiva di riprendersi l’Italia tutta l’anno prossimo.

Ci sono poi i due competitors più quotati, ma che rischiano, almeno per il momento di risultare anatre zoppe. Nicola Zingaretti si augura che l’indagine su di lui per falsa testimonianza si risolva al più presto possibile dopo che la sua posizione era stata già archiviata nel corso del processo per il “Mondo di mezzo”. 

Ma se Atene piange Sparta non ride, infatti la sindaca Raggi il 9 gennaio a processo ci andrà nel pieno della campagna elettorale della “faraona” grillina Roberta Lombardi, che di suo non è che voglia tanto bene a Virginia.

Una situazione che in sostanza spunterebbe la consueta arma pentastellata dell’onestà-tà-tà visto che anche per la sindaca di Torino Chiara Appendino non è che le cose giudiziarie vadano gran che bene.

Insomma, l’effetto Pirozzi che magari non vince ma toglie voti e seggi alla Pisana, comincia ad essere inquietante per la politica politicante soprattutto se, chiunque sia il vincitore, rischia di non aver la maggioranza in consiglio regionale.

Così se in Sicilia lo scontro si è risolto nel bipolarismo Destra/5stelle fatta fuori la sinistra, nel Lazio si rischia addirittura un quadripolarismo dagli esiti assolutamente incerti.

Giuliano Longo

 

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