“Valerio Guerrieri, il ragazzo che si e’ suicidato lo scorso febbraio tra le mura di Regina Coeli, non doveva trovarsi in carcere, ma all’interno di una struttura preposta a occuparsi dei suoi problemi psichici: questo e’ cio’ che ci lascia piu’ amareggiati”. Cosi’ in una nota Alessandro Capriccioli, capogruppo di +Europa, e Marta Bonafoni, capogruppo della Lista civica Zingaretti alla Regione Lazio, nel giorno della chiusura dell’inchiesta sulla morte del 21enne. “Solo pochi giorni fa, in occasione della nostra visita nella casa circondariale romana- continuano- abbiamo potuto verificare la situazione di grave emergenza che essa vive specie in ordine alla problematica del disagio mentale, con casi eclatanti come quelli dei detenuti, a volte addirittura prosciolti, costretti a restare in carcere per l’insufficienza di posti nelle Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza): collocazione che, secondo il Pm, sarebbe stata la piu’ appropriata anche per la situazione di Valerio Guerrieri. Lo stesso garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasi’a, ha parlato nella sua relazione annuale di grave emergenza rispetto all’assistenza psichiatrica e alla detenzione delle persone in attesa di un posto nelle Rems; e all’interno dello stesso documento ha sottolineato anche la necessita’ di adottare un piano per il rischio suicidario”. “Da parte nostra, come abbiamo gia’ detto e come ribadiamo oggi, siamo pronti a lavorare in Consiglio Regionale su queste problematiche raccogliendo tutte le raccomandazioni del Garante. Perche’ e’ inaccettabile- concludono- che malati psichiatrici si trovino costretti all’interno del carcere, in attesa dell’assistenza specifica alla quale avrebbero diritto”.
Dichiarazione di Stefano Anastasìa, Garante delle persone private della libertà della Regione Lazio.
“La notizia delle richieste di rinvio a giudizio per il suicidio in carcere di Valerio Guerrieri aiuta a non far cadere nel dimenticatoio quella tragica morte. Ciò detto, sorprende che il pubblico ministero abbia giudicato irrilevante il fatto che il ragazzo sia stato trattenuto in carcere per più di dieci giorni senza un titolo legittimo di detenzione. Valerio, infatti, al momento del decesso avrebbe dovuto essere sottoposto a una misura di sicurezza, ma né alla custodia cautelare, né a una pena detentiva, unici titoli legittimi di trattenimento in carcere. Il quesito principale dunque resta questo: a che titolo era trattenuto in carcere? Perché, quando è venuta meno la custodia cautelare per cui era entrato a Regina coeli, non è stato liberato? E perché tanti altri come lui, persone con problemi di salute mentale, ma né condannati né sottoposti a custodia cautelare, continuano a essere trattenuti in carcere senza un titolo legittimo di detenzione?”.