“Mamma, mi metto nel portabagagli della macchina e tu mi porti dai nonni… se non succede niente ritorno”: Perché Marco Giacchetta era spaventato prima di essere ritrovato morto nell’auto in un bosco a dieci km da Palestrina?”
Con questo interrogativo si è aperto ieri il servizio di Chi l’ha visto sul mistero della morte di Marco Giacchetta, ritrovato cadavere in un bosco di Colle Palme. A tre anni dalla terribile notizia ora la procura vorrebbe archiviare il caso come un suicidio, tesi da sempre sostenuta dagli inquirenti, e per questo la mamma e la sorella della vittima hanno rivolto ieri un ultimo appello ad amici e cittadini dell’area.
Sono tanti ancora gli interrogativi senza risposta, a cominciare dalla ferita alla gola di Marco che si sarebbe procurato con un coccio di bottiglia, “arma” ritrovata a sette metri di distanza dalla posizione del cadavere. “Perché non è stato rinvenuto il sangue nel tragitto dalla bottiglia alla posizione dove è stato ritrovato mio figlio?” – si chiede la mama in trasmissione.
Per la sua morte nessuno risulterebbe al momento indagato. Ci sono solo le testimonianze di un ragazzino, che avrebbe visto una persona entrare in una proprietà privata, e quella di una residente che avrebbe sentito urla, bestemmie e imprecazioni nel giorno della scomparsa. Al momento non è stato trovato alcun legame tra questi fatti, né è chiaro cosa ci faceva Marco in quella località isolata al confine con Palestrina.
Una cosa è certa: il ragazzo aveva paura. Paura per la sua incolumità fisica, per aver detto o fatto cose che avrebbero dato fastidio a qualcuno. A tre anni di distanza il caso presenta più ombre che luci e ora l’arrivo imminente dell’archiviazione rischia di cancellare per sempre la storia di un ragazzo amato e rispettato da tutti.