“Trovai Cucchi entro una cella poco illuminata. Era disteso sul letto, rivolto verso il muro e coperto fino alla testa. Lo salutai, e mi rispose ‘Non ho bisogno di niente'”. Cosi’ Francesco Ponzo ha raccontato oggi in aula il suo ‘contatto’ con Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato nell’ottobre 2009 a Roma per droga e poi morto una settimana dopo in ospedale. L’esame si e’ svolto nell’ambito del processo che, davanti alla prima Corte d’assise, per la morte di Cucchi vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali per omicidio preterintenzionale. L’infermiere Ponzo era componente dell’ambulanza che nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 intervenne su chiamata nella caserma dei carabinieri di Tor Sapienza, dove Cucchi era stato portato. “Vidi Cucchi un po’ in viso, per pochi secondi – ha detto l’infermiere – Aveva pupille normali e una ecchimosi nella zona zigomale destra. Da sotto le coperte emergeva solo il braccio destro. Riuscii a prendergli il battito e la pressione, erano normali. Mi sembro’ una persona magra con una muscolatura tonica. Gli dissi ‘Vieni con me, andiamo in ospedale. Se hai qualche tipo di problema, poi magari ne parliamo in separata sede. Per la mia insistenza, lui si irrito’. Alla fine risalimmo, prendemmo i dati e andammo via”. Sentiti oggi in aula anche il barelliere della stessa ambulanza (che ha detto di essere rimasto fuori della cella) e l’autista (che rimase all’esterno della caserma).