Congresso del Pd, a Milano Zingaretti potrebbe anche farcela

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Nel Pd “romanocentrico” si è portati a credere che il congresso dei circoli e le primarie del Pd il 4 marzo segneranno l’ineluttabile vittoria di Nicola Zingaretti, tanto più dopo la vittoria per la segreteria regionale del partito che ha visto trionfare con il 70% dei consensi il senatore Bruno Astorre, di fede Franceschiniana, diversamente renziano, ma da sempre vicino a Nicola.

Il trend verrebbe confermato dai sondaggi soprattutto dopo il ritiro di Minniti che avrebbe dovuto aggregare tutta l’area renziana, ma se Roma è caput mundi e il Lazio la sua periferia, Zingaretti il consenso se lo deve conquistare in tutta Italia.

La Lombardia, ad esempio, è cosa di Maurizio Martina, almeno se si guarda al Pd. Su questo non ci piove e Nicola Zingaretti, almeno da queste parti, corre in svantaggio. Le previsioni ragionevoli sulle primarie del Partito Democratico, al netto della liquefazione dei renziani e dello spettro dell’ennesima scissione, dicono che il governatore del Lazio, per il momento favorito in quasi tutta Italia, potrebbe faticare a spuntarla nel nord. 

Perché la Lombardia (con punte alte di consenso nel Bresciano e in Bergamasca) è terreno favorevole a Martina? 

Maurizio è stato consigliere regionale e segretario Pd. Così mentre nelle stanze democratiche ci si inizia a contare, spunta la solita anomalia del caso Milano, di solito una bella anomalia per la sinistra dopo che Pisapia ha occupato Palazzo Marino (e ancora non si è ben capito perché abbia rifiutato il secondo mandato) e la vittoria di Sala. Insomma una anomalia, quella sotto la “madonnina” che potrebbe riservare qualche sorpresa alle granitiche certezze del segretario reggente.

Il sindaco Sala è molto legato a Martina, ma per ora non si schiera. La bomba tuttavia è già scoppiata nel Pd milanese, ma fuori da Palazzo Marino. Lia Quartapelle, deputata simbolo del renzismo alla meneghina (ovvero la vocazione al non essere mai troppo ortodossi) è uscita allo scoperto è ha dichiarato: “Sosterrò Zingaretti“. 

Apriti cielo. La mossa a sorpresa di un pezzo da novanta del partito (ai tempi del governo Renzi il presidente Napolitano la voleva agli esteri, su accorato suggerimento di Gianni Cervetti, ma il rottamatore resistette agli assalti dei vecchietti miglioristi) ha sconvolto i dem meneghini. 

Il primo a tremare è lo stesso Martina che era certo che Milano, dove è riuscito a mettere il cappello su ogni vittoria ancor prima e meglio dei segretari cittadini, non lo avrebbe abbandonato. Anzi.

In realtà la mossa della Quartapelle potrebbe provocare una slavina e travolgere un po’ tutti. 

Si dice che a seguirla a stretto giro potrebbe essere l’assessore Pierfrancesco Maran, suo sodale insieme con l’ex segretario cittadino Pietro Bussolati. Maran, sempre guardingo ed equilibrato, non è abituato a colpi di teatro e preferisce il low profile, ma prima o poi dovrà pur decidere con chi stare. Ed anche lui i renziani li ha lasciati da tempo.

Resta in bilico Pietro Bussolati che sente il richiamo della foresta riformista. Per questo, sebbene non sia per nulla in buoni rapporti con  Martina, lui potrebbe cedere alle lusinghe di Matteo Richetti, che con il reggente viaggia in tandem. 

I tre amici Quartapelle, Maran, Bussolati (politicamente creati da una costola di Filippo Penati massacrato dal processo sull’area Falk e mai riabilitato dopo l’assoluzione) sono abituati fin dal liceo a studiare ogni mossa a tavolino, così ora potrebbero dividersi, ma solo per necessità, perché il caos del momento richiede confini labili, programmi a geometria variabile.

Di certo la Quartapelle va ad aggiungersi ad un gruppo milanese molto nutrito e non è detto che presto nella stanza, ormai affollata, degli zingarettiani non inizino a volare gli stracci. 

Perché fino ad oggi il volto di Zingaretti a Milano era l’incontrastato Pierfrancesco Majorino, che ben rappresenta in salsa meneghina il “volemose bene” del governatore del Lazio. Con Majorino c’è un bel pazzo del gruppo consigliare Pd a Palazzo Marino e il collega assessore come Filippo del Corno, nonché il gruppo Milano Progressista, vicinissimo all’ex sindaco Pisapia. Si tratta di cinque consiglieri fuori dal Pd che al congresso voteranno Zingaretti.

Tra scettici, indecisi e tattici che attendono gli sviluppi per piazzarsi, resta quasi isolato l’unico renziano puro, il capogruppo Filippo Barberis. Quasi certo il suo sostegno a Martina. Ma è ancora tutto un magma e le vacanze natalizie schiariranno le idee.

Fu tanto facile per Renzi rottamare il vecchio gruppo dirigente del Pd milanese, ma oggi anche sotto l’ombra del riformista Sala, quel partito più che liquido appare in liquefazione.

Ecco perché il saggio sindaco non si schiera per il congresso…. almeno per ora.

Giuliano Longo

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