Rosita Pecorelli, sorella 84enne di Mino Pecorelli, ha presentato questa mattina alla procura di Roma un’istanza di riapertura delle indagini sull’omicidio del giornalista avvenuto nella capitale il 20 marzo del 1979. Accompagnata dall’avvocato Valter Biscotti, la donna chiede alla magistratura capitolina di svolgere accertamenti balistici su alcune armi sequestrate a Monza nel 1995 e attribuite all’epoca a Domenico Magnetta, soggetto ritenuto in passato legato ad Avanguardia Nazionale. Armi che nessuno mai avrebbe messo a confronto con i quattro proiettili che hanno ucciso Pecorelli in via Orazio, nel quartiere Prati e che potrebbero ancora trovarsi nell’ufficio dei corpi di reato del tribunale di Monza. Nella richiesta si fa riferimento in particolare a una dichiarazione resa nel 1992 all’allora giudice istruttore Guido Salvini da Vincenzo Vinciguerra (ex estremista di estrema destra) che sosteneva di sapere, per aver sentito in carcere un dialogo tra due ex esponenti di Avanguardia Nazionale, che Magnetta, fermato a Monza tre anni dopo, sarebbe stato colui che avrebbe avuto in custodia la pistola Beretta 7.65 silenziata utilizzata per uccidere Mino Pecorelli. Circostanza tutta da verificare e da provare e di cui ha parlato recentemente lo stesso giudice Salvini in una intervista rilasciata alla giornalista Raffaella Fanelli.