Questa volta di Ama, la società della monnezza di Roma, anche per le divisioni all’interno dei grillini, la cui fazione anti Raggi fa capo alla capogruppo Roberta Lombardi, si è discusso in audizione alla Pisana dove la commissione Ambiente ha ascoltato l’ex presidente Bagnacani, appena dimissionato dalla sindaca.
Mossa più politica che utile visto che la mancata approvazione del bilancio della società capitolina rischia di lasciare Ama in “brache”.
Ma andiamo con ordine. In circa tre ore e mezza l’audizione fiume di Bagnacani ha ripercorso i suoi 18 mesi al vertice della municipalizzata dei rifiuti per arrivare all’epilogo pre-annunciato quando il 23 agosto del 2018 arriva una lettera irrituale firmata dall’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti che tirava in ballo i 18 milioni di crediti cimiteriali, chiedendo di “procedere a eliminare tale posta, trattandosi di crediti che Roma Capitale ai sensi dell’allora vigente contratto di servizio, non riconosce”.
Perchè? Perchè sì, punto e basta, il bilancio Ama deve andare in rosso, stop. Infatti in quella missiva l’assessore chiedeva ad Ama “di effettuare sulle residue posizioni creditorie il relativo accantonamento nei termini richiesti dai vigenti principi contabili poiché i 42 milioni per i manufatti cimiteriali, che sono stati realizzati, sono passati nel patrimonio di Roma Capitale e sono stati venduti”. Infine, rivela Bagnacani “salta fuori anche l’Ipa (l’Istituto di previdenza dei dipendenti capitolini, ndr), che nemmeno sapevo cosa fosse, dice che aveva dei crediti verso Ama non onorati”.
Quindi il bilancio di Ama, secondo il livornese assessore e dal 2006 al 2007 già cassiere alla discoteca Seven Apples di Focette, è out, anche se il Comune azionista esclusivo, non rileva a quel punto “una inefficienza dell’azienda”, cosa che invece rilevano quotidianamente i cittadini di questa Capitale.
Ma facciamo un passo indietro perché il collegio dei revisori dei conti (peraltro in scadenza) che l’anno scorso non aveva rilevato criticità nella bozza di bilancio, qualche settimana invece pesta duro sul bilancio presentato da Ama, come pubblicato in anteprima da cinquequotidiano.it.
Eppure secondo il dimissionato Bagnacani la situazione di Ama “è risolvibile ma c’è da cambiare modo di affrontare le cose”. Infatti “Ama dal punto di vista patrimoniale sta bene in termine di gestione economica e ha sempre prodotto cassa sia nella mia gestione che in quelle precedenti. Il trend rispetto all’indebitamento verso le banche infatti si è quasi dimezzato (in verità il primo accordo con le banche lo aveva fatto Panzironi ndr) . Stesso discorso per l’esposizione debitoria verso fornitori. Ama, dunque, grazie al contratto di servizio che copre i costi, è solida”.
Solo, e dici poco, il “punto debole della municipalizzata è la parte finanziaria” perché l’unico cliente è Roma Capitale e se entra in conflitto con il socio unico la partita incasina tutta la parte bancaria.
Così se il Comune negli ultimi 10 mesi non è riuscito a risolvere la questione di bilancio per 18 mln, sempre secondo il presidente dimissionato “ha lanciato evidente al mercato un messaggio molto preciso di incertezza. Se il socio non crede nell’azienda cosa devono pensare le banche?”
Nel frattempo il Campidoglio revoca gli amministratori, non approva il bilancio e Roma rimane sommersa dalla monnezza, mentre i sindacati si agitano.
Che senso ha, ci chiediamo, tutta questa operazione che ha fatto fuori anche l’assessora amica di Grillo, Pinuccia Montanari da Reggio Emilia? Il braccio di ferro con Lemmetti? L’ostilità del direttore generale con delega alle partecipate Franco Giampaoletti? Boh, resta il fatto che pro tempore, in attesa dei curricula che ci auguriamo non vengano solo da Genova, prende temporaneamente il posto di Bagnavano, un dirigente interno all’azienda.
Ora, si sa, le voci circolano e qualcuno, soprattutto fra i sindacati, sospetta che tutta questa cagnara su Ama sia finalizzata ad una apertura ai privati, che peraltro già gestiscono alcuni servizi di raccolta. D’altra parte lo stesso Bagnacani ha rilevato che senza nuovi impianti, sollecitati da tempo dalla Regione e di una discarica di servizio per rifiuti trattati, Roma non va da nessuna parte anzi sprofonderà nella monnezza.
La nostra opinione invece è che prima o poi Acea (e forse questa era già l’idea dell’avv. Lanzalone ai domiciliari per la vicenda Parnasi/Stadio e factotum del Raggi, già presidente della multiutility) possa entrare nella partita dei rifiuti romani.
In fondo A2A di Brescia/Milano è già un gigante dell’energia e della monnezza che trasforma in energia con i suoi termovalorizzatori.
Una cosa è certa , questo è un settore dove ballano i miliardi veri e l’emergenza rifiuti della Capitale, esportatrice di monnezza a go go, si farà sempre più vicina con l’estate. Guarda caso, se si è chiuso il termovalorizzatore di Colleferro, partecipato da Ama con Lazio Ambiente, quello più piccolo, di San Vittore di Acea, continua a funzionare egregiamente senza che Zingaretti e la Raggi, uniti nella lotta contro questo tipo di impianti, levino un fiatino.
Inoltre Acea è l’unica a poter predisporre un piano industriale, impianti, discariche ecc. degno di questo nome, tanto che ne aveva parlato anche l’ex sindaco Ignazio Marino che a questa operazione ci stava pensando seriamente.
Forse è proprio qui, su Acea compartecipata da Caltagirone e dai francesi ( che non aspettano Bartali) che qualcuno della giunta Raggi aguzza l’ingegno. Magari con un occhio di favore del governo amico che grazie alla Lega di Salvini sta imparando dov’è il business.
Giuliano Longo