Il gup del Tribunale di Roma, Costantino De Robbio, ha disposto quattro rinvii a giudizio e una condanna a un anno nell’ultima udienza preliminare relativa alla vicenda di nomine dirigenziali che hanno interessato il Consiglio regionale del Lazio e l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente (Arpa). In particolare e’ stato condannato a un anno uno dei due vicedirettori dell’Arpa, Sergio Marchi (che aveva scelto di essere giudicato con rito abbreviato), mentre l’altro, Maria Grazia Pompa, e’ stato rinviato a giudizio. Il giudice ha disposto il processo anche per l’ex segretario generale della Pisana, Antonio Calicchia (coinvolto nella nomina di Cinzia Felci a direttore di un organismo interno al Consiglio regionale), per l’attuale segretario generale, Cinzia Felci (per la quale sono contestate delle irregolarita’ nel curriculum che l’hanno portata a diventare prima dirigente nel Comune di Velletri e poi in Regione) e per Maurizio Venafro (coinvolto invece nella vicenda della nomina dei due vicedirettori di Arpa), ex capo di Gabinetto del presidente della Regione, Nicola Zingaretti. Per queste ultime due posizioni il processo iniziera’ il 19 giugno presso la II sezione penale. La Procura, per tutte le posizioni, contesta a vario titolo i reati di falso e abuso d’ufficio.
Rispondendo a un’interrogazione della consigliera regionale del M5S, Valentina Corrado, che chiedeva la rescissione del contratto con Cinzia Felci in forza delle motivazioni riportate nella perizia disposta dal pm Alberto Galanti, l’assessore regionale al Bilancio, Alessandra Sartore, ha spiegato che il concorso grazie al quale l’attuale segretario generale della Pisana e’ diventato dirigente “e’ stato posto in essere dal comune Velletri e appare evidente come la Regione non sia istituzionalmente competente a procedere all’annullamento di atti adottati da altra amministrazione, con la conseguenza che ogni riferimento relativo a supposti vizi e inidoneita’ relativi alla dottoressa non attenga alla competenza dell’amministrazione regionale, poiche’ la procedura relativa all’accesso alla qualifica dirigenziale della stessa e’ stata gestita i talmente dal comune di Velletri”. Secondo l’impianto accusatorio della Procura di Roma, Cinzia Felci all’epoca di quel concorso (2004) non avrebbe avuto tutti i titoli idonei per parteciparvi. “Peraltro- ha aggiunto Sartore- la predetta amministrazione comunale su richiesta dell’amministrazione regionale, con nota 3 marzo 2016, ha comunicato che non avrebbe proceduto in autotutela alla rimozione di alcun atto relativo al concorso di cui la dottoressa Felci e’ risultata vincitrice, per mancanza di un interesse concreto e attuale e tenuto conto degli interessi consolidati alla conservazione degli atti da parte del destinatario”. Per la consigliera Corrado “l’unico soggetto ad avere l’interesse attuale e concreto ad agire e’ il titolare del rapporto di lavoro ovvero la Regione Lazio, che dovrebbe di conseguenza annullare tutti gli atti in virtu’ dei quali e’ stata costruita la carriera dirigenziale del dipendente- spiega in una nota- Un vizio che attiene all’assenza di uno dei requisiti per l’accesso al pubblico impiego e’ un vizio che non ha termini di scadenza, e’ rilevabile in ogni tempo e puo’ essere eccepito da qualsiasi amministrazione che ne venga a conoscenza. Inoltre tale assenza determina l’inesistenza di fatto e di diritto del rapporto giuridico di lavoro, non sanabile a posteriori”.
Su questo punto, secondo Corrado “c’e’ una giurisprudenza amministrativa consolidata e ci sono anche i rilievi della perizia disposta dalla procura nell’ambito del procedimento in cui la dirigente risulta rinviata a giudizio con l’accusa di falso e abuso d’ufficio. In attesa che la vicenda processuale giunga a conclusione in sedi che non competono al Consiglio regionale, la Regione Lazio continua a rimanere inerte rispetto all’illegittima acquisizione della qualifica dirigenziale da parte del dipendente che non poteva essere nemmeno dirigente e oggi riveste il ruolo di segretario generale del Consiglio regionale del Lazio”.