Fabrizio Barca è sicuramente un persona seria e competente che ha ricoperto gli incarichi di capo della Divisione ricerca della Banca d’Italia, di capo del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione presso il Ministero del Tesoro, e direttore generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Dal novembre 2011 all’aprile 2013 è stato ministro senza portafoglio con delega per la Coesione territoriale nel Governo Monti quando annuncia la sua adesione al Partito Democratico.
Successivamente pubblica un documento nel quale sostiene che senza una nuova forma di partito l’Italia non possa essere ben governata. Inizia quindi un tour in giro per il Paese andando a presentare in diversi circoli il proprio documento con scarso successo.
In seguito al commissariamento del PD romano nel dicembre del 2014, il presidente e Kommisar Matteo Orfini decide si affidare al team di Barca una “mappatura” dei punti di forza e di debolezza dei singoli circoli romani.
Il 25 marzo ha presentato pubblicamente al Teatro de’ Servi di Roma le sue proposte per la giustizia sociale alla presenza di qualche esponente politico di sinistra, ma nella assoluta assenza dei big.
Scontata la premessa della crescente disparità fra i detentori di ricchezza e gli strati sociali appiattiti nella irrilevanza economica almeno dalla crisi del 2008, Barca fa delle proposte che qui riportiamo ad honorem di una sinistra assente che proprio sulle disparità sociali si è fatta fregare da un neoliberismo fallito dopo 11 anni di crisi finanziaria globale.
Vediamole queste inascoltate proposte, che a nostro avviso dovrebbero orientare il nuovo corso del Pd e della Sinistra.
1. Modificare gli accordi internazionali (a cominciare dal Trips: Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights ) per garantire l’accesso alla conoscenza come bene pubblico globale e rendere i prezzi dei farmaci più accessibili.
2. Promuovere a livello europeo degli “hub tecnologici sovranazionali di imprese”, ossia: estendere l’ambito di azione delle infrastrutture di ricerca esistenti, come il Cern di Ginevra, dalla fase iniziale della catena di creazione di valore a quelle successive.
3. Assegnare alle imprese pubbliche italiane missioni strategiche di medio-lungo periodo verso obiettivi di competitività, giustizia ambientale e giustizia sociale.
4. Università: introdurre la giustizia sociale nella valutazione della “terza missione” degli atenei; istituire premi e indire bandi per progetti di ricerca incentrati sull’accrescimento della giustizia sociale; valutare gli effetti dell’insegnamento sulla forbice delle competenze acquisite dall’inizio alla fine del percorso universitario.
5. Introdurre nei criteri per l’assegnazione di finanziamenti pubblici alla ricerca privata parametri che inducano le imprese a tener conto degli effetti delle loro scelte sulla giustizia sociale e che sollecitino a promuoverla.
6. Valorizzare, sviluppare e diffondere in modo sistematico la collaborazione tra università, centri di competenze e piccole e medie imprese per generare conoscenza.
7. Costruire una sovranità collettiva su dati personali e algoritmi.
8. Strategie di sviluppo “rivolte ai luoghi”, attraverso la partecipazione degli abitanti: investire i dividendi del cambiamento tecnologico nei servizi fondamentali pubblici nelle aree fragili del Paese.
9. Promuovere il ricorso da parte delle amministrazioni pubbliche ai cosiddetti appalti innovativi, per orientare le innovazioni tecnologiche ai bisogni delle persone e dei ceti deboli.
10. Orientare gli strumenti per la sostenibilità ambientale a favore dei ceti deboli. Tre esempi: canoni di concessione del demanio e interventi fiscali attenti all’impatto sociale; rimozione degli ostacoli ai processi di decentramento energetico; modifiche dell’Ecobonus in favore delle persone con reddito modesto.
11. Rivedere l’organizzazione e il governo dell’amministrazione pubblica nel senso di: promuovere un rinnovamento (anche disciplinare) delle risorse umane; sostituire gli incentivi economici legati ai risultati con meccanismi legati alle competenze organizzative; valutazione dei risultati come strumento di confronto tra politica, amministrazione e cittadini; autonomia finanziaria ai dirigenti; interventi che incentivino i dirigenti a prendere decisioni mirate sui risultati anziché sulle procedure.
12. Estendere a tutti i lavoratori l’efficacia dei contratti firmati da sindacati e rappresentanze datoriali, introdurre un salario minimo legale non inferiore ai 10 euro l’ora, rafforzare la capacità degli enti ispettivi nel contrasto delle irregolarità.
13. Istituire i Consigli del lavoro e della cittadinanza: organismi interni alle imprese, composti da lavoratori, cittadini della zona e consumatori, che valutino le strategie aziendali, le decisioni su localizzazione, condizioni e organizzazione del lavoro e l’impatto delle innovazioni tecnologiche su lavoro e retribuzioni.
14. Utilizzare in maniera più diffusa i Workers Buyout, ossia l’acquisto dell’impresa in crisi da parte dei suoi lavoratori
15. Da un lato, prevedere che al compimento dei 18 anni ogni ragazza o ragazzo riceva una dotazione finanziaria (o “eredità universale”) pari a 15mila euro, accompagnata da un tutoraggio che parta dalla scuola. Dall’altro, introdurre una tassazione progressiva sulla somma di tutte le eredità e donazioni ricevute da un singolo individuo durante l’arco della vita (con esenzione di 500mila euro). [Secondo il Forum Disuguaglianze questa “eredità universale” avrebbe un costo per lo Stato di circa 9 miliardi di euro, mentre dalla tassazione sulle eredità si potrebbe ricavare un gettito superiore ai 5 miliardi].
Per approfondire le proposte si può consultare il sito del Forum Disuguaglianze e Diversità, un’occasione per capire che c’è un mondo della ricerca e una intellighenzia seria che non può venir annichilita dalla arroganza giallo/Verde Nera.
Giuliano Longo