Torno da mia madre una frase che forse in tanti avranno detto nel corso della propria vita. Questa volta è il titolo del film diretto da Éric Lavaine, con Alexandra Lamy (nei panni della 40enne Stephanie), Josiane Balasko (Jacqueline), Mathilde Seigner (Carole), Philippe Lefebvre (Nicolas), Jerome Commandeur (Alain), Cecile Rebboah (Charlotte), Didier Flamand (Jean). Un film francese in uscita il prossimo 25 agosto, distribuito da Officine Ubu.
La storia racconta la vita di Stéphanie, 40enne divorziata che ha perso il lavoro. Così la donna si trova costretta a tornare a vivere dalla madre Jacqueline, che la accoglie a braccia aperte nel proprio appartamento. La convivenza però non è facile e le strambe abitudini della madre si rivelano il pretesto per nascondere… un piccante segreto. Quando tutti i fratelli si riuniscono per una cena, ecco che la tavola imbandita si trasforma in un campo di battaglia dove invidie e regolamenti di conti trovano spazio tra i gustosi piatti preparati da Jacqueline. Benvenuti in un universo ad alto rischio: la famiglia!
Ma com’è nato questo progetto? «Guardando dei reportage sulla “generazione boomerang” – spiega lo stesso regista -. Sotto questo aggettivo piuttosto divertente, si nasconde un dramma. Oltre alla “generazione Tanguy”, coloro che decidono tranquillamente di restare con i propri genitori, abbiamo anche quella “boomerang”, rappresentata da coloro che sono costretti o forzati a tornare a vivere dai genitori. Questo fenomeno, che ha colpito maggiormente i paesi del Sud Europa, a cominciare dalla Spagna, toccherà 410.000 francesi adulti. Ci si ritrova costretti a tornare a vivere dai propri parenti generalmente a seguito di un licenziamento, a delle difficoltà economiche o a una rottura sentimentale. Quindi non è per scelta che si torna nel nido materno!».
«In questo film mi occupo della famiglia – aggiunge Lavaine -. Una quarantenne che torna a vivere dalla mamma mi sembrava un buon pretesto per affrontare il tema. È una questione che mi tocca perché, come faccio dire a uno dei personaggi: “Adoro i miei genitori, ma da qui a passare la vita con loro… al massimo un week-end!”. È l’identità della famiglia: è il posto dei regolamenti di conti, del non-detto e dei conflitti, ma al tempo stesso è una base fondamentale».
«Anche restando ancorati alla realtà si possono avere delle situazioni molto divertenti. Il dramma genera spesso la commedia. E la risata è un modo formidabile di comunicare delle sensazioni e delle idee. Il rischio che si corre è che le risate “spengano” l’emozione. In “Torno da mia madre” è stato necessario dosarle per lasciare spazio anche allo smarrimento di Stéphanie».
Il regista poi sottolinea anche come spesso ai genitori si attribuisca la «sola funzione di madre o padre, e si tralasci la loro funzione di amanti. Si nega ai nostri genitori il diritto di avere una vita sentimentale e sessuale». E inoltre come «le persone della “generazione boomerang” subiscano una doppia pena: non solo si confrontano con la loro sconfitta – ritrovarsi nella stanza della propria adolescenza è umiliante – ma i loro fratelli e sorelle non gli perdonano il fatto di rifugiarsi da mamma e papà. Pensano che se ne approfittino, e da qui parte una forma di gelosia».