“In relazione alla nomina di mio fratello Renato a capo della Direzione Turismo del Comune mi dichiaro assolutamente innocente. Sono stato estraneo alla procedura di interpello nato su iniziativa della sindaca Raggi che ha potere esclusivo e autonomo nelle scelte e nell’assegnazione degli incarichi. Una procedura che era di natura esplorativa e non certo comparativa, tanto e’ vero che la sindaca poteva conferire incarichi anche indipendentemente dalla presentazione delle istanze. Anche io, come altri dirigenti, fummo oggetto di valutazione senza aver presentato istanze”. Lo ha spiegato ai giudici dell’ottava sezione penale del tribunale Raffaele Marra, ex braccio destro di Virginia Raggi, accusato dalla procura di Roma di abuso d’ufficio per non essersi astenuto (era all’epoca capo delle Risorse Umane) e per aver materialmente agevolato la nomina del fratello che da vicecomandante della Polizia Locale avrebbe fatto il capo della Direzione Turismo con un aumento dello stipendio pari a 20mila euro lordi l’anno. “Quanto all’incremento retributivo che nel caso di mio fratello sarebbe passato dalla prima alla terza fascia – ha chiarito Marra – era gia’ indicato nella procedura di conferimento dell’incarico. C’e’ stato chi e’ passato dalla prima alla quinta fascia, si tratta di una prassi amministrativa che si verifica ogni volta che c’e’ insediamento di una nuova giunta. Dal febbraio del 2014 al giugno 2016 ero in aspettativa per un dottorato di ricerca: ebbene, in quel periodo, e dunque in mia assenza, i vari uffici competenti del Campidoglio determinarono quale dovesse essere la retribuzione di posizione collegata a determinati incarichi. Si tratta insomma di fasce retributive predeterminate anni prima”.
“La mia mancata astensione nella nomina di Renato e’ nei fatti – ha proseguito ancora Raffaele Marra, rispondendo alle domande del pm e dei suoi difensori -. Non solo, ma non ho mai compiuto alcuna attivita’ concreta per agevolarlo. La sindaca, sin dal primo giorno in cui fui nominato vicecapo di Gabinetto, era a conoscenza che Renato lavorava come vicecomandante della Municipale. Lo sapevano tutti. Del resto lui era in Comune dal 2008-2009. Fu l’avvocato De Santis a dirmi che la sindaca aveva pensato a mio fratello quale nuovo capo della Polizia Locale. Tuttavia, per ragioni di opportunita’ politica, nei Cinque Stelle c’erano due anime, la questione fu accantonata, mi fu detto che Renato era molto giovane e sarebbe stato nominato nella prossima tornata. Io dissi ‘decidete voi come ritenete piu’ opportuno’. La sindaca e gli altri pensarono poi di indirizzare Renato a lavorare con l’assessore al Commercio Meloni che gia’ aveva avuto modo di apprezzarlo nella lotta contro l’abusivismo. In ogni caso – ha aggiunto l’imputato – mai nessuno ha mostrato perplessita’ sulla figura di mio fratello, mai nessuno mi ha sollecitato ad astenermi perche’ i ruoli erano ben distinti. Lo si sapeva sin dall’inizio. Renato, che e’ plurilaureato, e’ stato in Finanza per anni e ha una professionalita’ che nessuno ha mai messo in discussione, ha sempre pagato l’onta del cognome Marra, che lo ha sempre danneggiato. Posso dire che lui solo, tra tutti i dirigenti, aveva i requisiti giusti per un nuovo incarico.
Quanto al brogliaccio, dove erano indicati i nomi dei dirigenti da collocare nelle varie caselle nell’ambito della macrostruttura, fu consegnato al Gabinetto della sindaca e io come direttore delle Risorse Umane ne avevo una copia che aggiornavo di volta in volta sulla base delle indicazioni che ricevevo”, ha concluso Marra.