Una prima serata, lunedì su Rai Uno alle ore 21.25, con il film dedicato a Libero Grassi, l’imprenditore che non si piegò alla mafia. Io sono Libero con Alessio Vassallo (nella parte di Marco), Adriano Chiaramida (nei panni di Libero), Stella Egitto (Marzia) e Alessandra Costanzo (Pina) per la regia di Giovanni Filippetto e Francesco Miccichè, è una coproduzione Rai Fiction e Aurora tv, e racconta proprio la storia del siciliano Libero Grassi che fu ucciso nel 1991 per essersi ribellato alla mafia, decidendo di non pagare il pizzo.
L’uomo, oltre che imprenditore, pur di non scendere a compromessi con la criminalità, ha affrontato minacce, silenzi carichi di omertà, e ha pagato con la propria vita una scelta coraggiosa. Il docu-film va in onda proprio oggi perchè il 29 agosto è l’anniversario della morte dell’imprenditore tessile. Sono trascorsi 25 anni da quella mattina in cui Libero Grassi (classe 1924) fu ucciso per le strade della sua Palermo. Non era un politico, un magistrato o un poliziotto, non lottava per lavoro contro la mafia, ma si era comunque opposto a quella cultura, che allora dominava la città, usando tutti i mezzi a sua disposizione, compresi i media.
Libero Grassi usava le parole, il ragionamento e il suo coraggio per ribellarsi, avendo al suo fianco la moglie Pina Maisano e i figli Alice e Davide. Una vita, la sua, fatta di lealtà, legalità, giustizia e di un grande senso di libertà. Ha spezzato, per quanto possibile, il silenzio e l’omertà che regnavano nella Palermo di quegli anni, restando però isolato e diventando un bersaglio facile da raggiungere.
Con il suo modo di fare, di denunciare la criminalità, Libero Grassi è diventato un simbolo, un punto di riferimento per intere generazioni, e non solo della Sicilia. Il film racconta gli ultimi otto mesi di vita dell’imprenditore siciliano, partendo dal 10 gennaio 1991, giorno in cui il Giornale della Sicilia pubblica una lettera al “caro estorsore” dove Grassi dichiara di non voler sottostare alla richiesta di pagare il pizzo e dice pubblicamente «di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia».
Il racconto arriva fino al giorno in cui verrà ucciso, il 29 agosto del ‘91. Una battaglia contro il clan Madonia, ma anche contro chi a quella legge si piega, ma non lui: imprenditore, padre di famiglia ma soprattutto cittadino onesto.
A raccontare la storia è un giovane giornalista (figura di fantasia) interpretato da Alessio Vassallo, che vede in Libero Grassi un uomo coraggioso. Ed è attraverso i suoi occhi che seguiremo la battaglia dell’imprenditore. Grassi fu ospite nell’aprile del ‘91 della trasmissione “Samarcanda” di Santoro, dove disse «non pago perché sarebbe una rinunzia alla mia dignità di imprenditore». Proprio pezzi di repertorio e la ricostruzione della fiction ci aiuteranno a capire la portata di questa rivoluzione culturale, un cambiamento e una crescita proprio nella coscienza civile collettiva. Grassi morì un anno prima delle stragi di Capaci e via d’Amelio, con 5 colpi che gli furono sparati alla schiena. Quasi un mese dopo Costanzo e Santoro gli dedicano una serata televisiva a reti unificate Rai – Mediaset, evento senza precedenti nella storia tv.
«Ci rendiamo conto della responsabilità che ci siamo presi a raccontare questa storia, che ha un grande valore simbolico, morale, etico e politico (nel senso che Grassi darebbe al termine “politico”, un senso alto) – spiegano i due registi -. Abbiamo scelto di raccontare questa storia attraverso una docufiction per non dimenticare che i fatti raccontati sono veramente accaduti, per rimanere ancorati alla realtà. Questa storia c’è stata, non è frutto della nostra immaginazione. Anche per questo abbiamo girato la maggior parte della fiction a Palermo».
La storia non finisce con la sua morte perchè come spiegano i registi c’è un futuro e una speranza, o se vogliamo una speranza in un futuro migliore: «Per noi la fine di Libero è l’inizio di una visione nuova del rapporto tra Palermo e la Mafia, tra i siciliani e la tacita connivenza con il sistema mafioso. La storia di Libero ci ha travolto. Perché racconta come una vita normale possa essere straordinaria; ci dice che il rispetto delle regole può essere il fondamento della nostra cultura e comunità. Libero, come diceva la moglie Pina scomparsa pochi mesi fa, non è stato un eroe, ma solo un imprenditore che ha fatto il suo dovere di cittadino. Oggi anche grazie a lui, siamo tutti più liberi».