Mirko Frezza, una periferia di grandi sogni

Esce in sala “Il più grande sogno” il film che lo vede protagonista. In tv è Furio nella serie “Rocco Schiavone” . E ci racconta anche il suo impegno per il quartiere La Rustica

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Genuino, schietto, uno che la vita la prende di petto e che non sta ad aspettare che le cose accadano, ma se le costruisce. Lui è Mirko Frezza, occhio azzurro, capello lungo e chiaro, un aspetto nordico, invece è per metà romano e per l’altra metà toscano, cresciuto a Roma Est. La sua storia? Praticamente la trovate da oggi al cinema nella capitale (dal 1° dicembre in tutta Italia) nel film “Il più grande sogno” di Michele Vannucci. Ovviamente in parte romanzata, ma prende spunto dal corto “Una storia normale” che lo stesso regista ha girato prendendo spunto proprio dalla vita di Mirko Frezza.

Ci racconta il film che la vede protagonista?
«“Il più grande sogno” parla di una rivincita e prende spunto da un cortometraggio fatto su di me. Parla di La Rustica, un quartiere tra Tor Bella Monaca e San Basilio. Qui la gente si arrangia, è classificata come “cittadini di serie B”, eppure vive a pochi chilometri dal centro. Nel film sono un uomo che va in cerca di riscatto, ma non lo cerca solo per se stesso, bensì per tutta la sua borgata. Così viene eletto presidente del comitato di quartiere, decide di sognare un’esistenza diversa e crea un centro, che nella realtà esiste veramente. Il protagonista vuole la felicità intorno a lui. Al Festival del Cinema di Venezia abbiamo avuto una standing ovation e vinto come miglior film per le politiche sociale. Abbiamo ricevuto tanti complimenti, e ci hanno detto che abbiamo portato una ventata di freschezza al Festival. Magari, se dopo il corto va bene anche il film, ci facciamo una serie su questa storia».

Come ha cominciato la sua avventura cinematografica?
«Ho cominciato come stuntman, ho fatto anche il capogruppo, cercavo le location per i film e ora faccio l’attore. A me fare questo lavoro mi piace tantissimo, non ci credete a chi dice che non si diverte. Io ho lavorato dietro la macchina da presa, scaricavo camion, e ho familiarità più con chi lavora dietro le telecamere che con gli attori. Poi con Alessandro Borghi sono andato su un set e poi al Centro Sperimentale di Cinematografia e da lì ho vinto un provino ed eccomi qua».

Come si prepara per una parte?
«Con mia figlia Crystel, anche lei vuole fare l’attrice e recita con me ne “Il più grande sogno”. Con lei leggo le sceneggiature e provo le scene, la mia famiglia è il mio sparring partner. Poi se voglio ripetere la parte chiamo anche alcuni amici attori».

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Avrà una parte anche nel film di Dominedò “La banda dei tre”, girato tra la periferia di Roma Est e la zona di Tivoli. Che ruolo ha?
«Abbiamo appena finito di girare “La banda dei tre” dove ci sono Pannofino e Bocci, il grosso del film è praticamente terminato. La trama parla di un poliziotto che viene interpretato da Bocci, che si infiltra in una banda particolare. Si affeziona a queste persone e gli rivela chi è veramente, ma succedono eventi sgradevoli. Sta sulle tracce di grossi narcotrafficanti, si creano equivoci è alla fine viene perseguitato dalla legge e poi anche dai russi. Io sono un russo cattivo, uno di quelli che lo cerca per vendetta, mentre lui ovviamente prova a sopravvivere».

Al momento è in televisione nella fiction “Rocco Schiavone”. Che esperienza è stata?
«Bellissima, è la seconda con il regista Michele Soavi dopo “La Narcotici 2”. Qui sono Furio, un personaggio che cresce ad ogni puntata. Chissà potrebbe esserci una seconda occasione per il mio personaggio. Mi sono trovato benissimo a recitare con Marco Giallini e tutti gli altri, lavoriamo molto sull’improvvisazione».

Lei vive a Roma, ha girato film nella capitale e nei quartieri di periferia che conosce bene. In più il film che esce al cinema racconta parte della sua storia vera, quella di un presidente del comitato di quartiere che in mezzo a tanta indifferenza ha invece seminato solidarietà. Come la vede Roma in questo momento?
«Mi spiace vederla in un totale stato di degrado, mi piange il cuore. Il film vuole far capire che a pochi chilometri dal centro c’è questa periferia, che però non è solo degrado, è molto altro. Ma qui le istituzioni non ci sono, non danno risalto a questo territorio, non ci sono cinema, è tutto abbandonato, i locali sono chiusi, non ci sono mezzi pubblici. Io conosco questa periferia e parlo di quello che so, ma ce ne sono anche altre nelle stesse condizioni. Noi stiamo cercando di integrare tutte le realtà e comunità presenti, ma se non riusciamo a stare bene noi come possiamo darci una mano. Il centro Casale Caletto in via di Cervara offre 1650 pasti mensili, fa banco alimentare due volte al mese, e poi offre pasti caldi. Ma non prendiamo sovvenzioni da nessuno, è tutto autogestito, ci lavorano tutti volontari, la benzina la mettiamo a turno. C’è anche uno sportello per le donne, a breve avremo degli psicologi per i bambini affetti da autismo, e poi abbiamo un avvocato penalista e uno civilista. Tutti servizi gratuiti. Come è nato tutto questo? Da un incontro fortuito con Paola Da Grava, che lavora nel sociale. È arrivata una luce, ho liberato una scuola e ho creato il centro dove facciamo tante feste e attività, in pratica riuniamo le famiglie».

Come attore che altri progetti ha in programma?
«Un cortometraggio per la regia di Vinicio Marchioni, dove io e Adamo Dionisi saremo protagonisti e ci sarà anche Milena Mancini. Vi lascerà a bocca aperta, ma non vi dico di più, il resto è top secret».