Il piano per i Rom della Raggi, un altro tentativo di dare risposte a un problema cronico

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Ah gli zingari, eterno problema che angustia tutte le amministrazioni che si sono succedute almeno dai tempi di Alemanno. Oggi Virginia Raggi ha presentato il suo di piano, dopo il recente censimento che di rom, sinti e camminanti ne individua solo 4.500. Cifra irrisoria per una metropoli di quasi 3 milioni di abitanti ma che non tiene conto degli abusivi, che potrebbero anche essere qualche migliaio in più.

Fin qui, se volete, un problema di ordine pubblico e non di integrazione scolastica, sanitaria, abitativa e lavorativa come preconizza il piano presentato oggi, il quale in ogni caso non risolve il problema ormai marcescente dei campi. La Barbuta (656 persone organizzate in circa 100 nuclei familiari) e La Monachina (115 persone in circa 30 nuclei familiari) che dovrebbero venir chiusi entro 2 anni tramite l’utilizzo di 3,8 milioni di euro di fondi europei disponibili sul bilancio comunale 2017. Che è un po lo stile di questa amministrazione: prevedere la soluzione dei problemi in un range che va da due a tre anni come per i rifiuti, giusto giusto per le prossime comunali del 2021.

A far cambiare idea non sono certo le critiche della Associazione 21 Luglio. Così come è fuorviante garantire ‘il ritiro di tutti i bandi coinvolti in Mafia Capitale’ quando questo è già avvenuto con la passata Giunta. Anche se il ripristino della legalità in quei campi deve essere la regola sulla quale sono tutti d’accordo, secondo l’associazione «c’è urgenza, oggi più che mai, di un Piano sociale vero, che indichi tempi, insediamenti da superare, quantificazione delle risorse umane ed economiche da impiegare». 

In una megalopoli come Roma dove degrado e illiceità vengono enfatizzati dalla pubblica opinione, sicuramente il problema nomadi viene percepito dai cittadini con fastidio, così come quello dell’accattonaggio e dell’immigrazione clandestina. Quindi è difficile trovare il giusto equilibrio fra gli intenti umanitari (spesso vanificati dai comportamenti degli zingari) e il ripristino della legalità. Problema che pure esiste, come dimostrano le recenti irruzioni nei campi che hanno portato alla luce insospettabili tesoretti. O peggio ancora, la guerra tra faide che è culminata con l’incendio della roulotte e la morte delle 3 bambine a Centocelle.

Insomma una questione complicata, come lo è quella dell’immigrazione e della clandestinità che da problemi sociali scivolano inevitabilmente sul terreno dell’ordine pubblico e della repressione invocata dai cittadini, strumentalizzata dai cosiddetti ‘sovranisti’. Per queste ragioni ci pare invece che il piano proposto dalla Raggi con tutti i suoi limiti sia invece una risposta a questi atteggiamenti razzisti. E ponga il problema nelle sue giuste dimensioni sociali.

Semmai non è una novità, visto che Alemanno sulla “questione rom” si inimicò il mondo cattolico ed in particolare la comunità di sant’Egidio e anche Marino elaborò il suo bravo piano dopo un censimento a spanne che di rom ne calcolava 7.000. Allora Ignazio vantò gli sgomberi dei cosiddetti ‘rom paperoni‘ (a Salone come a Castel Romano), famiglie con redditi altissimi e già proprietari di immobili. Poi disse di voler affrontare il problema dei campi abusivi affermando che i nomadi avrebbero potuto  accedere ai bandi per le case popolari «che però, si sa, non bastano neanche per coloro i quali hanno già presentato domanda». Sino alla brillante idea di concedere dei terreni o delle aree per l’autorecupero urbano, consentendo ai rom di tirare su in autonomia delle vere e proprie abitazioni.

Una volta tanto va dato merito a questa amministrazione di aver proposto, almeno sulla carta, una serie di azioni possibili che comunque dovranno venir governate e non solo finanziate.

Giuliano Longo

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