Dunque l’Atac ha scelto la strada del concordato preventivo per cercare di evitare, all’ultima curva, il fallimento aziendale. Si tratta di un percorso stretto, in cui l’azienda perde il pieno controllo delle scelte intraprese per salvarsi e che, se da un lato puo’ portare al salvataggio in extremis, dall’altro non esclude il fallimento. Nel diritto societario il concordato preventivo viene definito una procedura a cui puo’ ricorrere un debitore per tentare il risanamento, congelando momentaneamente i debiti, previa presentazione di un piano d’impresa di riorganizzazione interna che deve essere approvato da un giudice (previsto il consenso dei creditori).
Tra i molti vantaggi del concordato preventivo ci sono la possibilita’ di proseguire la continuazione dell’attivita’, quella di congelare la situazione debitoria e pre fallimentare e la possibile ricontrattazione degli importi. In altre parole di avviare il risanamento dell’Atac senza il fiato sul collo dei creditori, che in questa fase non possono presentare ingiunzioni di pagamento, con corsie preferenziali su molte procedure di ristrutturazione aziendale. Ma non sono pochi nemmeno i rischi: si parte dalla possibilita’ che possano essere cedute parti dell’attivita’ a un soggetto terzo e si arriva alla possibile liquidazione di parte del patrimonio per usare il ricavato per sanare i crediti. Che nel caso di Atac significa non solo le sedi ma anche i mezzi. Tutti i creditori poi hanno la facolta’ di chiedere la risoluzione del concordato per mancata costituzione delle garanzie promesse. Su tutto aleggia infine la decisione del tribunale e il giudizio dell’adunanza dei creditori. Senza il via libera di questi due soggetti il concordato fallisce. E con lui la stessa Atac.
Diverse, e sostanziali, le differenze tra la procedura del concordato preventivo e quella fallimentare. Se in quest’ultimo caso il tribunale potrebbe alienare facilmente i beni di Atac per risanare i debiti, come successo ad esempio per il caso Parmalat, nel caso del concordato preventivo il giudice, o meglio il commissario giudiziale, visto che non dispone della disponibilita’ dei beni aziendali, si limitera’ ad affiancare i manager di Atac controllando le attivita’ svolte per risanare l’azienda riferendo poi ad un giudice delegato. E questo e’ un grande vantaggio per Atac rispetto alla procedura fallimentare. Tra gli rischi, invece, c’e’ quello legato al giudizio della cosiddetta adunanza dei creditori, ossia ad un’assemblea a cui partecipano tutti i creditori nella quale questi ultimi sono chiamati ad esprimere il proprio voto sulla proposta di concordato. Il commissario giudiziale, in apertura dell’udienza, illustra la propria relazione e le eventuali nuove proposte dell’imprenditore per risanare i debiti. Ma attenzione: il concordato preventivo e’ approvato solo ed esclusivamente quando raggiunge il voto favorevole di tutti i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. E se questo non avviene il tribunale rigetta la proposta di concordato preventivo, per poi dichiarare, su istanza del pubblico ministero o dei creditori, il fallimento del debitore. In altre parole il fallimento di Atac a quel punto sarebbe automatico.
LA STRATEGIA
“Atac deve rimanere pubblica. Atac deve rimanere di noi tutti. Finalmente, inizia una nuova vita per Atac. Si avvia un percorso di rinnovamento totale dell’azienda di trasporti di Roma con un obiettivo chiaro: migliorare le linee, rinnovare la flotta degli autobus, la metropolitana; ridurre i tempi d’attesa; dare ai cittadini i servizi che meritano; tutelare i dipendenti onesti”. Lo scrive la sindaca di Roma Virginia Raggi sul suo profilo Facebook. “Insomma, parte la rivoluzione che trasforma la piu’ grande societa’ pubblica di trasporti d’Europa – prosegue – in una azienda efficiente. Iniziamo un percorso che si chiama concordato preventivo e che stiamo studiando dallo scorso anno: chiediamo ai creditori dell’azienda di realizzare insieme un piano di risanamento e rilancio”.
“I lavoratori onesti non hanno nulla da temere”: lo assicura la sindaca di Roma Virginia Raggi nel post sul suo profilo Fb, sottolineando che con la richiesta di concordatio preventivo parte quella che la sindaca chiama “rivoluzione” Atac. E – scrive nel post – “chiediamo ai dipendenti e ai cittadini di seguirci in questo percorso di rinascita e aiutarci a rilanciare la azienda di tutti noi. Mettiamo in opera uno strumento per trasformare radicalmente l`azienda e che mira a tutelare i livelli occupazionali. I lavoratori onesti non hanno nulla da temere. Non credete alla propaganda di chi vuole far fallire questa azienda. Con il privato – ribadisce la sindaca di Roma – vige la legge del profitto a discapito di quella della solidarietà e del servizio, scendono in campo interessi economici che tolgono sostanza al servizio e che nulla hanno a che fare con le mirabolanti soluzioni sponsorizzate dai partiti politici”. E “non vogliamo creare disparità nel trasporto pubblico; non vogliamo linee o tratte maggiormente servite, perché più convenienti, e altre deliberatamente messe da parte perché poco remunerative; non vogliamo costi esorbitanti del biglietto; non vogliamo che il privato faccia prevalere i suoi interessi a danno della città e dell`interesse pubblico”. Non sarà cero un percorso facile quello per risanare Atac e la sindaca lo ammette: “Siamo perfettamente consapevoli che attuare cambiamenti veloci in un’azienda con oltre 1,3 miliardi di debiti non è impresa facile, ma siamo altrettanto consci del nostro obiettivo, del fine verso cui stiamo indirizzando i nostri sforzi”. Ma – avverte – “se avessimo puntato solo al consenso immediato avremmo fatto un passo indietro, abbandonato la partita, cedendo alla propaganda sulla liberalizzazione del trasporto pubblico locale che, invece, altri schieramenti politici cavalcano solo per acquisire una manciata di voti o solo per interessi elettorali”. “Stiamo giocando una partita – conclude Raggi nel suo lungo post – che ha terrorizzato i nostri predecessori e li ha fatti indietreggiare: noi andiamo avanti con coraggio”.
LE POLEMICHE
“La scelta del concordato preventivo per Atac e’ inaccettabile nel merito e nel metodo. Il bilancio del 2015, l’ultimo approvato, indica un debito di 1 miliardo e 350 milioni a fronte di crediti per 1 miliardo e 266 milioni verso la Regione Lazio (quasi 650 milioni), in particolare della ex Giunta Polverini, e verso il Comune di Roma (381 milioni). La Giunta Raggi ha perso un anno di tempo con una girandola di amministratori, prima nominati e poi rimossi senza alcuna spiegazione. Portare Atac al fallimento e’ una scelta politica della Giunta Raggi. Poteva essere evitata con una coraggiosa e radicale riorganizzazione. Cosa succedera’ se, come previsto dalla legge, una parte dei creditori chiedera’ il fallimento di Atac? A chi dara’ la colpa la Sindaca? Quali saranno le conseguenze sul bilancio comunale? Inoltre, il ricorso al Tribunale e’ inaccettabile nel metodo. Atac e’ un bene comune, di tutti i romani. Il proprietario di Atace’ l’Assemblea Capitolina non la Giunta. Arrivare al concordato preventivo senza una discussione in Commissione e in Assemblea Capitolina e’ un atto eversivo. Come opposizioni, da inizio luglio chiediamo un Consiglio Straordinario su Atac. Con i giochini di Palazzo degni dei migliori marpioni della Prima Repubblica, il Consiglio su Atac e’ stato calendarizzato il 7 Settembre, a giochi fatti. La Sindaca deve fermarsi. Chieda il rinvio dell’assemblea dei soci di Atac e venga in Consiglio a spiegare alla citta’ e ai lavoratori e lavoratrici le ragioni del concordato preventivo”. Cosi’ in una nota Stefano Fassina, deputato Sinistra italiana e consigliere Sinistra per Roma.
”Siamo molto preoccupati per quanto sta accadendo in Atac. Il destino dell’azienda appare segnato: il cda ha chiesto di accedere al concordato preventivo mentre i fornitori chiedono al tribunale di certificare il fallimento dell’azienda del trasporto pubblico a Roma e i sindacati dei dipendenti minacciano l’ennesimo autunno caldo di scioperi”. Lo afferma in una nota Davide Bordoni capogruppo Forza Italia al Comune di Roma “Gli abitanti della capitale -prosegue- rischiano di doversi confrontare con disagi mai visti prima e il loro stesso diritto di circolare in città rischia di essere compromesso in una situazione di catastrofe senza precedenti. Non ci sono garanzie che bus e metro abbiano il denaro necessario per continuare a circolare. Virginia Raggi ancora non si pronuncia sulla questione, ci chiediamo se sia a conoscenza di quanto stia accadendo”, conclude Bordoni.