Per l’Unione Inquilini la Regione Lazio sulle politiche abitative ha prodotto «bolle di sapone»

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«Siamo giunti ormai alla fine della legislatura regionale ed è tempo di consuntivi. La situazione a Roma e nel Lazio è gravissima ma in cinque anni dalla Regione non abbiamo visto nessun segnale di controtendenza, sarebbe utile conoscere i dati ufficiali di cosa è successo in questi cinque anni: 1) quanti sono stati i finanziamenti destinati alla realizzazione o recupero di case di edilizia residenziale pubblica inutilizzate;

2) quante sono state le case popolari realizzate o recuperate:

3) quante famiglie delle graduatorie si sono viste assegnate una casa popolare in ogni singolo comune del Lazio. Domande che stiamo rivolgendo alla Regione ma senza risposta.

Anche la famosa delibera che avrebbe dovuto affrontare la cosiddetta emergenza abitativa nella città di Roma dal 2014 ad oggi è rimasta lettera morta e nessun alloggi da quella delibera ad oggi è arrivato anche fosse ad una singola famiglia.

Una delibera finanziata con 197 milioni di euro, che dovrebbe produrre 1200 alloggi, totalmente insufficienti dato che le famiglie alle quali si riferiva sono almeno 13.000 (10.500 famiglie in graduatoria, 1400 famiglie nei residence, 1500 famiglie occupanti).
Si tratta, a mio dire, di un consuntivo sconfortante, tenuto conto anche del fatto che il cosiddetto Piano casa di Zingaretti in realtà era un piano edilizio, che nulla aveva a che vedere con il fabbisogno abitativo.

Ben altro ci saremmo aspettati. Per esempio politiche abitative pubbliche che avessero come priorità quella di aumentare l’offerta di alloggi a canone sociale per le 25.000 famiglie nelle graduatorie comunali; un piano di riuso degli immobili pubblici e privati oggi inutilizzati da destinare alla precarietà abitativa; una fonte di finanziamento certo e decennale per sostenere programmi di edilizia residenziale pubblica basati sul recupero e autorecupero;  un adeguato finanziamento per le manutenzioni straordinarie delle case popolari.

Nulla di tutto questo è avvenuto e dopo cinque anni a Roma e nel Lazio il disagio abitativo è peggiorato e di questo la Regione Lazio non sembra che se ne sia accorta, forse troppo presa ad ascoltare costruttori e proprietari di aree troppo interessati al loro “fabbisogno”.

Infine, come non accennare ai cosiddetti piani di zona? Come non segnalare che la Regione Lazio non è stata capace di controllare che le cooperative e le imprese di costruzione ottemperassero ai vincoli previsti nelle convenzioni in materia di determinazione dei canoni di locazione. Così centinaia di famiglie si sono trovate con affitti molto oltre quello convenzionato che doveva essere applicato. Il risultato centinaia di sfratti per morosità e ulteriore precarietà abitativa. Era troppo difficile per la Regione realizzare il fatto che bisogno intervenire sui programmi di social housing prevedendo che questi alloggi fruitori di sostegno pubblico siano locati a famiglie indicate dai Comuni e non scelte dalle cooperative e imprese. Era difficile prevedere l’asseverazione dei contratti da parte delle organizzazioni sindacali?
Ecco perché a mio dire la Regione Lazio in questi cinque anni ha prodotto bollicine di sapone che si sono infrante, svanendo, a contatto della  realtà della precarietà abitativa».

Massimo Pasquini
Segretario nazionale Unione Inquilini

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