Gian Paolo Manzella: la grande opportunità dell’Europa per la nostra Regione

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GIAN PAOLO MANZELLA, l’assessore allo Sviluppo Economico, Commercio e Artigianato, Start-Up, “Lazio Creativo” e Innovazione, ha un bel po di competenze. La sua è stata considerata una nomina ‘politica’ rispetto a quella ‘tecnica’ del professor Fabiani: è così?

Le dico sinceramente che io a questa distinzione tecnico/politico credo sino a un certo punto. Sarà perché forse nel mio caso i contorni sono un po’ sfumati. Sono un funzionario della Banca Europea degli Investimenti (Bei) da quasi 20 anni e mi sono occupato di prestiti agli enti locali e alle regioni. Ho scritto libri e articoli sulla politica regionale europea. Ma nel frattempo ho sempre mantenuto una grande attenzione alla politica, a quello che accadeva, alle idee che c’erano. E così da più di dieci anni anni lavoro con Nicola Zingaretti: prima alla Provincia, poi alla Pisana eletto nel suo listino, per approdare oggi a questo assessorato. Quindi, se vuole, sono un politico, ma con competenze molto legate alla dimensione regionale.

Qual’è stato il primo impatto di questo suo ingresso in giunta.

Non è stato un impatto, direi. Ero in Consiglio e conoscevo la macchina, i problemi, l’ambiente. Forse è la responsabilità il vero ‘impatto’: la responsabilità di chi dopo aver studiato e pensato soluzioni si trova a doverle applicare. Questo sì.

Lei comunque parte con un retroterra di iniziative e progetti già in corso o sviluppati.

Sicuramente arrivo dopo un’esperienza – quella del professor Fabiani – che ha dato un’impronta molto chiara alla strategia di sviluppo della Regione, una strategia basata su innovazione, internazionalizzazione, reindustrializzazione. La prima significa far entrare l’innovazione nel tessuto d’impresa; la seconda vuol dire aiutare le imprese che non riescono ad andare sui mercati esteri, a farlo; la terza a stimolare un dialogo sistematico tra iimpresa, da un lato, e università e centri di ricerca, dall’altro, sviluppando progetti di ‘frontiera’ (mobilità sostenibile, green e circular economy, industrie creative, digitali ecc.). È una linea che condivido e sulla quale continuerò a lavorare.

Non ritiene che nei decenni il patrimonio industriale del Lazio si sia indebolito?

La mia attività è così organizzata: 4 giorni la settimana sto in ufficio, il venerdì giro per le imprese del Lazio. Parto la mattina alle 7 e ho una serie di appuntamenti con 3-4 imprese. Parlo con i manager, con i lavoratori, giro lo stabilimento, mi faccio raccontare problemi e prospettive. Le dico che rimango ogni volta impressionato dalla qualità delle nostre imprese che in molti casi riescono a stare sui mercati internazionali e sono assolutamente innovative. Penso ad esempi quali i processori di pomodoro Desco o la fabbrica ICONT di Pontinia, che da Latina portano le loro produzioni nel mondo; penso a Elettronica sulla Tiburtina, che produce sistemi per la difesa aerea e navale venduti alla forze armate di tutto il mondo; penso, su Rieti, a una multinazionale tascabile come la Seko, che è leader mondiale nelle pompe idrauliche, o alla Ferrari Farm che, sul Lago del Salto, produce pomodori con tecnologie che vengono dallo spazio e si sta affermando come una realtà di avanguardia in un settore con grande futuro. E ancora, alla Cielo di Viterbo, che produce sanitari di design premiati nelle manifestazioni internazionali più importanti, o alla Iacobucci di Ferentino, anche qui un leader mondiale nei prodotti per aerei. Sono solo alcuni degli esempi che ho visto e che dicono di quanta impresa di qualità ci sia in questa regione. Ma è anche vero che il nostro sistema imprenditoriale sconta problemi di sistema ed è qui che la politica può e deve intervenire.

Anche per evitare la fuga delle imprese?

Sicuramente. In un mondo e in un tempo in cui i territori competono fra loro, la politica ha un ruolo. E secondo me è quello di mettere a sistema università, ricerca e impresa. Il nostro capitale umano è apprezzatissimo. Anche qui esempi concreti. Penso alla Decisyon, che a Latina ha creato un importante polo del software oggi con sede qui e a Stamford in Connecticut, e i cui fondatori mi hanno detto che la chiave del loro successo è anche la qualità dei nostri giovani informatici; penso alla Bridgestone – multinazionale giapponese che è leader mondiale nel settore dei pneumatici – che ha questo centro di ricerca a Castel Romano in cui si scelgono le mescole dei pneumatici che andranno sulle strade di tutto il mondo, e che è proprio in questo territorio anche per la possibilità di collaborare con le università di Roma e di Napoli.

Ma se le nostre intelligenze vengono apprezzate, resta la questione delle infrastrutture e delle situazioni su cui lavorare in collaborazione con gli operatori. Su quest’ultimo punto, qualche giorno fa è stata approvata la proposta del ‘Consiglio delle imprese internazionali’ che operano nel Lazio. Un organismo che vuole stabilire un rapporto continuo fra queste imprese e il mondo della politica e dell’amministrazione, ricavando indicazioni concrete sul da farsi e nello scambio di esperienze che vengono dall’estero.

Tuttavia l’impressione diffusa è che Roma attualmente rimanga un punto di crisi per la permanenza delle grandi aziende.

Senza fare polemiche su Roma, penso che la competitività di un territorio sia legata a tanti fattori: dalla qualità del governo alla qualità della vita che si offre, alle infrastrutture. È su queste basi che si prendono le decisioni di investimento. C’è del lavoro da fare su questo. Poi, faccio notare che ci sono imprese che vanno via ma anche imprese che vengono. Penso ad Aruba, che investirà 300 milioni di euro per insediare, nell’area del Tecnopolo Tiburtino, un suo nuovo Data Center con 200 addetti e che sarà un vero centro di attrazione anche per altri investitori.

Il Lazio rimane comunque una grande realtà produttiva a livello nazionale. Quali sono i progetti a medio termine ai quali il suo Assessorato sta lavorando per sviluppare questa realtà?

Ovviamente questo Assessorato ha tantissime competenze e qui le indico solo le iniziative che ritengo più importanti in questo momento.

La prima riguarda un lavoro ferreo da fare perché i fondi europei stanziati divengano effettive erogazioni alla imprese. Sono 913 i milioni del Por-Fesr 2014-2020 che possono dare un grande impulso alla nostra economia. Questo ci impegna a un grande lavoro, con Lazio Innova, per far conoscere i bandi, semplificarli, attuarli, controllarli. Non possiamo permetterci sbavature.

Poi c’è la Legge Regionale sul Commercio. Una legge attesa, che non è stata approvata nella precedente legislatura e che è appena stata riproposta al Consiglio dopo essere stata aggiornata. Anche qui massima attenzione.

Un’altra tematica prioritaria è quella degli spazi per fare impresa, ovvero consorzi, aree di sviluppo industriale ecc. Penso che dobbiamo andare verso una una gestione il più possibile coordinata di questi spazi: l’investitore deve sapere dove andare, con chi parlare, che servizi avrà. Solo se ha certezze e convenienze investirà.

Inoltre vorrei lavorare sulle ‘industrie creative’ che nella nostra regione, prima in Italia, valgono il 9% del Pil. Parliamo di architettura, design, grafica, cinema, tecnologia applicata ai beni culturali, comunicazione ecc. Per questo proporrò a breve una legge ad hoc per la promozione di questo settore.

L’ultimo punto sul quale vorrei lavorare è quello dei gemellaggi strategici con altre Regioni europee. Dobbiamo aprire il Lazio, le nostre imprese, le nostre università alle nuove collaborazioni, a nuovi mercati.

Lei prefigura una grande apertura della nostra regione all’Europa, ma si è diffusa l’idea che i fondi UE spesso non vengano utilizzati o vengano utilizzati male. Qual’è la sua opinione sulla base della sua esperienza professionale?

Attorno ai fondi europei c’è una grande mitologia dello spreco. Detto questo, penso ci siano ampi margini di miglioramento. Dobbiamo aiutare tutti i cittadini laziali a conoscere queste opportunità, dobbiamo aiutarli a coglierle, dobbiamo costruire un’Europa semplice per i cittadini. E poi comunicare, far sapere che l’Europa ci aiuta. È un passaggio cruciale. Senza questa comunicazione viene meno lo spirito europeista, la gente ha l’impressione che questi soldi esistono ma non arrivano mai a vantaggio dei singoli. E invece bisogna raccontare un’Europa diversa che porta opportunità. E farlo con un linguaggio semplice. Vede, pochi giorni fa ho visto il film “Come un gatto in tangenziale”, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Parla di questo, del personaggio interpretato da Paola Cortellesi che all’inizio del film pensa che i fondi europei siano per pochi, siano una finta, e alla fine apre un ristorante proprio con risorse europee. Ecco dobbiamo far capire che l’Europa è questo: opportunità.

Giuliano Longo

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