«Chi ci critica preferiva il Pd di Mafia Capitale. Io lascio a ottobre quando scade il mio mandato». Lo dice senza esitazione Matteo Orfini, il presidente del Pd e commissario del partito romano nel corso di una intervista a ‘Repubblica’ dove spiega che il suo lavoro «di commissario scade a ottobre» perché prima deve affrontare il referendum costituzionale e il congresso del Pd romano.
Poi aggiunge «ho preso in mano un partito sotto processo, con suoi esponenti in manette e l’ho riportato a testa alta nelle strade della città. Mi pare semplicistico che si attribuisca al lavoro di bonifica la responsabilità del risultato su Roma, perché vorrebbe dire che si stava meglio quando c’era il Pd di Mafia Capitale». Alla domanda se è sempre renziamo risponde «non lo sono mai stato, sono presidente del Pd. E vorrei che discutessimo senza lacerazioni quotidiane». Evidentemente qualcuno non ha gradito tali affermazioni che equiparano i suoi oppositori interni a collusi con Mafia Capitale, così mentre il malumore cresce nel suo partito, duramente sconfitto alle comunali, gli risponde l’on. Marco Miccoli per il quale «Orfini continua incredibilmente ad autoassolversi» e accusa «chi lo critica di preferire il Pd di Mafia CApitale. A parte la gravità dell’accusa – aggiunge- quello che più sconcerta è che Orfini continua con la strategia che ci ha portato alla disfatta alle elezioni comunali, cioè accostare all’inchiesta, o peggio ancora alla mafia, chiunque osi criticare le scelte che il Pd romano sta compiendo».
In verità, sempre secondo Miccoli, tale accostamento si era già manifestato in occasione delle primarie Giachetti/Morassut quando il Commissario giustificò il calo dell’affluenza perché «non erano andate a votare le truppe cammellate di Mafia Capitale». Quindi, prosegue Miccoli «per lui si continua così, come se nulla fosse, nonostante le critiche e l’invito a lasciare, gli vengano rivolti da autorevoli membri del Governo (con riferimento alle recenti affermazioni di Marianna Madia, ndr), da eletti in Consiglio Comunale e da tantissimi onesti militanti».
Secondo Miccoli c’è anche il rischio l’atteggiamento del coriaceo commissario possa ipotecare il SI al referendum costituzionale di ottobre e lo svolgimento del prossimo congresso romano. Chi dopo la sconfitta del partito, soprattutto nei Castelli Romani, si presenta dimissionario è il giovane segretario provinciale Rocco Maugliani che ha convocato per giovedì gli organismi dirigenti del Partito. In quella sede verificherà «se sussistano i presupposti per continuare a lavorare insieme, partendo da un’analisi condivisa delle ragioni e dei problemi che hanno portato agli infausti esiti della tornata elettorale appena conclusa». Sull’esito del voto anche a livello del Lazio per ora silenzio assoluto da parte del segretario regionale Fabio Melilli, del quale non abbiamo rintracciato alcuna dichiarazione nemmeno sul sito ufficiale del Pd Lazio.