“Sul caos rifiuti La sindaca Raggi è già in tilt. Per molto meno l’ex sindaco Marino venne crocefisso. E dopo le rivelazioni dei maggiori quotidiani nazionali l’assessore Muraro farebbe ebbe a dimettersi subito e a chiarire la sua posizione in procura”. Ad affermarlo non è un esponente del Pd, ormai scatenato contro l’assessora all’ambiente della Raggi, ma l’on. Francesco Giro, senatore di Forza Italia, che di Alemanno fu amico, sponsor eccellente e determinante negli equilibri di quelle correnti del centro destra che condizionarono sempre l’azione di Gianni. Detto questo il senatore non esita a chiedere le dimissioni dell’assessora. Eppure nello scorrere la storia di tutta la vicenda Ama dal 2008 ad oggi le cronache tendono a dimenticare alcuni passaggi importanti della vicenda. In primis il fatto che ai tempi di Alemanno/Panzironi la Cisl faceva il bello e cattivo tempo nella municipalizzata usufruendo di un rapporto privilegiato con l’allora amministratore delegato che penalizzava e discriminava la Cgil. Poi rileggendo le carte della Procura che portarono alle richiesta di misure cautelari per mafia capitale, spiccano i nomi di Franco Panzironi che fu amministratore delegato di Ama subito dopo l’elezione di Alemanno sino all’agosto del 2011 per passare poi alla Multiservizi con lo stesso ruolo e uno stipendio da favola; Giovanna Anelli insieme al direttore Giovanni Fiscon nominato successivamente direttore generale sino all’arresto. Fortini arriva in Ama nel gennaio del 2014 con Fiscon ancora direttore generale e ci convive per quasi un anno senza che il pugnace nuovo presidente si accorgesse che c’era del marcio non solo in Danimarca, ma nella sua azienda. Sbarcato da Napoli senza che i locali amministratori si strappassero i capelli dalla disperazione Fortini non si risparmia nel frattempo in dichiarazioni, interviste e comunicati forte dell’appoggio di Ignazio e dell’allora assessora Estella Marino. Poi nomina Filippi direttore generale solo dopo che Fiscon era già finito in galera.
Ma ritorniamo alle carte dell’inchiesta di Pignatone. Sarà la conclusione del processo in corso a chiarire il tentativo di Carminati di mettere le mani sui vertici della società come parzialmente sarebbe avvenuto con la Anelli e Fiscon. Dall’inchiesta spiccano le intercettazioni fra i membri del sodalizio per la nomina nel cda Ama prima dell’avv. Dell’Anno, legale di Riccardo Mancini ex ad di Eur spa coinvolto nelle presunte mazzette Finmeccanica, poi dell’avv. Berti come alternativa proponibile. Ma è presumibile che gli appetiti della ‘cupola’ su Ama risalgano già a quell’agosto del 2011 quando Panzironi viene dimissionato da Gianni per la vicenda della parentopoli Atac/Ama. E’ allora che il sindaco decide di trovarsi un sostituto, addirittura a Milano, con Salvatore Cappello che già direttore generale dell’Amsa meneghina gli fu indicato da Roberto Formigoni, allora presidente della Regione Lombardia. «Un bravo manager» ce lo descrisse nel luglio 2010 la presidente dell’Amsa Sonia Cantoni appena nominata da Pisapia. Imprevedibilmente Cappello nel settembre 2012 scivola sulla buccia di banana di un contratto decennale con Cerroni per lo smaltimento dei rifiuti da 500 milioni quando ancora si stava discutendo sul sito alternativo a Malagrotta che Marino e Zingaretti avrebbero poi chiuso successivamente. Allora il nostro quotidiano definì risibile l’ipotesi che Cappello avesse deciso tutto da solo tanto più che con l’avvocato Cerroni e la Colari tutti parlavano e trattavano, non ultimo Alemanno, che aveva incontrato in gran segreto ‘il supremo’ presso la sede della sua fondazione. Cappello se ne va con una liquidazione da favola e da noi interpellato fa capire che non può parlare in virtù di un vincolo di riservatezza, ma lascia intendere che lì, in Ama, era proprio un gran casino. Siamo al settembre 2012 e per la successione al milanese spuntano i nomi della Anelli e di Fiscon, tanto che per l’occasione si adombrò un rientro strisciante del Panzironi dopo il dorato esilio alla Multiservizi. La Anelli non assume la carica di Ad, ma come direttore generale praticamente ne assume il ruolo sino all’aprile 2013 quando viene sostituita, in una sorta di staffetta, dallo stesso Fiscon. Da notare che già dall’agosto del 2011 il presidente del cda di Ama era Piergiorgio Benvenuti, “rampelliano” di provata fede e oggi esponente di Fratelli D’Italia, fu nominato in coincidenza dell’arrivo di Cappello e in Ama ci è rimasto sino a quando Ignazio Marino lo dimissiona nel gennaio 2014. La presenza di Paola Muraro in Ama sin dai tempi di Veltroni, sia pur nel ruolo di consulente, è innegabile, come è innegabile che da persona intelligente non può non aver colto quando succedeva in azienda. Se poi è intenzionata, come dice, a presentare il suo dossier su Ama non c’è dubbio che sarà ben documentato e forse esplosivo. Ma può anche rappresentare un arma a doppio taglio perché non ci risulta che la Muraro abbia mai presentato qualche esposto alla Procura, cosa che invece il Fortini ha continuato a fare sino ad appellarsi alla commissione Ecomafie che lo riceverà la prossima settimana. Se poi si volesse uscire dal coro unanime della stampa che sta ‘stressando’ la Muraro si può anche dire che quella della Raggi è stata una scelta di competenze e professionalità. In fondo lo era stata anche per Marra, uomo di Alemanno prima e di Renata Polverini poi , quale vice capo di gabinetto. Ma la differenza è che Marra non ottiene quell’incarico pur rimanendo un apprezzatissimo fra la diaspora grillina, mentre la Muraro oggi corre con i lupi che la vogliono dimissionaria. A ben vedere lei voleva solo liberarsi di Fortini, anche in streaming, che pur essendo un fedelissimo del Pd è corresponsabile dell’attuale situazione dei rifiuti. Ma per buttarla in letteratura, nessuno sfugge al proprio passato….. compreso quello di Paola Muraro.
Giuliano Longo