Terremoto, Marcello Palozza: «A Roma serve un piano anti sisma»

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Marcello Paolozza  che  fa parte di Associazione Diritti Pedoni di Roma e del Lazio e di Zero Waste Lazio, pubblica sul sito del Laboratorio Carteinregola un articolo dal titolo «La sola  grande opera di cui Roma ha oggi assoluta necessità». Secondo Palozza la mancanza di memoria storica, il caso fortunato che ha evitato a Roma nel XX secolo nuovi terremoti, ma anche l’irresponsabilità dei nostri Amministratori che ha mantenuto il territorio della Capitale fuori dalla mappa del rischio sismico fino ad un decennio fa, ha favorito la convinzione che Roma sia al riparo dal rischio sismico. La verità è altra, almeno a leggere  quanto pubblicato sul sito della Protezione Civile che scrive «l’analisi della sismicità storica evidenzia che sono stati registrati danneggiamenti diversi in occasione di terremoti del passato nelle diverse zone del territorio romano e …… per questi motivi non avrebbe avuto senso considerare il Comune di Roma come un’unica zona sismica, ma si è pensato di suddividerlo in ambiti municipali  ……. La diversa attribuzione ad una zona sismica comporta una differente applicazione della normativa, in particolare in sede di strumenti urbanistici e per gli studi di microzonazione….».
Nello stesso sito è anche scritto che « ….. Il territorio del Comune di Roma ha una sismicità modesta (vedi mappa allegata) ..Questa sismicità non è però trascurabile, per il valore elevato dei beni monumentali e architettonici della città e per la vulnerabilità del patrimonio edilizio. …. »
Salvatore Giuffrida scriveva recentemente su “La Repubblica” che la maggior parte degli edifici sono storici e costruiti negli anni Trenta, prima delle attuali leggi antisismiche, quindi non sono provvisti di misure adeguate. Ma «anche gli edifici residenziali pubblici realizzati prima degli anni Ottanta e Novanta non possono considerarsi sicuri perché non in linea con le recenti norme antisismiche; anni di mancata manutenzione, speculazione edilizia e appalti al ribasso hanno fatto il resto. L’allarme riguarda anche tutta l’edilizia popolare costruita in base alla legge 167 tra la fine degli anni Sessanta e gli Ottanta ….»
Se questo è il quadro della situazione è chiaro, prosegue Palozza, che il  Governo e  l’Amministrazione Capitolina «devono trovare il coraggio e la determinazione per aprire il cantiere della sola grande opera di cui Roma ha oggi assoluta necessità: mettere in sicurezza quel patrimonio ereditato dal passato unico al mondo, le scuole, gli ospedali, e avviare la gigantesca opera di manutenzione antisismica dell’edilizia privata». Un piano di lungo periodo che parte da  una campagna di informazione e sensibilizzazione rivolta ai cittadini su tutto il territorio, «riguardo il rischio sismico attribuito ai diversi territori della capitale ed alla differente applicazione della normativa che essa eventualmente comporta, Municipio per Municipio, quartiere per quartiere, convocando assemblee pubbliche, coinvolgendo le scuole, utilizzando tutti i canali comunicativi a disposizione istituzionali e non». Poi occorre una la mappatura degli interventi a breve e medio termine considerati più urgenti per la messa in sicurezza del patrimonio archeologico, storico, artistico, culturale, religioso sia esso pubblico o privato. Infine un programma di investimenti e incentivi  per incoraggiare la manutenzione ai fini della sicurezza antisismica del patrimonio abitativo e produttivo privato, a partire dalle aree catalogate a maggior rischio. Se mai si comincia mai potranno venir sfruttate  le competenze prestigiose e le istituzioni quali Università e enti pubblici e privati che possono avviare questo progetto  pluriennale di adeguamento antisismico degli edifici.
«Esistono le imprese, specializzate in interventi per la messa in sicurezza antisismica e note spesso in tutto il mondo – conclude Palozza. Sono disponibili le maestranze, specializzate e non, troppo spesso disoccupate o costrette ad emigrare. Tutto questo se attivato per mettere in sicurezza le persone, per preservare la bellezza che abbiamo, può rappresentare nei prossimi decenni un volano incredibile per il progresso e lo sviluppo qualitativo della nostra città. Cosa lo impedisce? Perché non discuterne?»
GP

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