Caso scontrini, chiesti tre anni per Marino

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Pierluigi, Bersani, Ignazio, Marino, Comune, Roma, Mafia, Capitale

La Procura di Roma ha chiesto la condanna a tre anni, un mese e dieci giorni di reclusione dell’ex sindaco Ignazio Marino nel giudizio abbreviato che lo vede imputato di peculato e falso in relazione all’utilizzo della carta di credito assegnatagli a suo tempo dall’amministrazione capitolina e per l’ipotesi di reato di concorso in truffa per i compensi destinati a collaboratori fittizi quando il chirurgo dem era il rappresentante legale della “Imagine”, una Onlus fondata nel 2005 per portare aiuti sanitari in Honduras e in Congo. La richiesta di pena è stata avanzata al gup Pierluigi Balestrieri (che deciderà in una prossima udienza ancora da calendarizzare) dai pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo.

In riferimento alla vicenda degli scontrini (12mila euro spesi secondo i pm per 56 cene consumate tra il 2013 e il 2015 in numerosi ristoranti di Roma e di altre città), proprio l’ex sindaco Marino ha sollecitato il rito abbreviato (che in caso di condanna prevede lo sconto di pena pari a un terzo) subordinandolo all’acquisizione di una perizia grafologica, grazie alla quale sarebbe possibile risalire a chi effettivamente ha posto la firma su quelle spese, e di una nota del suo ex capo di gabinetto in cui era esplicitato a che cosa si riferissero le cosiddette “spese di rappresentanza”. Quanto alla Onlus, Marino è accusato dalla Procura di aver predisposto tra il 2012 e il 2013 la certificazione di compensi riferiti alle prestazioni fornite da collaboratori fittizi o soggetti inesistenti, inducendo in errore, lui ed altri tre, l’amministrazione finanziaria e l’Inps e procurando alla Onlus un ingiusto profitto per complessivi 6mila euro consistito nell’omesso versamento degli on

«È andata come preventivato», ha dichiarato l’avvocato Enzo Musco, difensore dell’ex sindaco di Roma, al termine dell’udienza preliminare tenutasi davanti al gup Pierluigi Balestrieri la cui sentenza è attesa per venerdì 7 ottobre. «Noi abbiamo chiesto l’assoluzione di Ignazio Marino per non aver commesso il fatto. Abbiamo fatto a pezzettini l’impianto accusatorio e dimostrato che il professore non ha compiuto illeciti di alcun tipo». Parlando degli scontrini legati alle cene di rappresentanza che Marino ha pagato con la carta di credito datagli dall’Amministrazione capitolina, Musco ha manifestato il proprio «stupore per come la Guardia di Finanza abbia condotto le indagini. I finanzieri sono stati superficiali perchè non hanno svolto gli accertamenti: sarebbero dovuti andare da Marino e chiedergli con chi avesse cenato quella determinata sera. E invece non lo hanno fatto. Hanno fatto il “copia e incolla” degli scontrini. Non solo, in base a una nostra consulenza grafologica, abbiamo dimostrato che tutti i giustificativi di spesa sono stati firmati dal capo della sua segreteria politica». Quanto alla “Imagine”, «la nostra versione – ha detto il penalista – è che Marino non si è mai recato nella sede dell’Onlus né ha mai compiuto atti di natura amministrativa. Ha fatto tutto la direttrice Rosa Garofalo, come da lei stessa dichiarato. Questo capo di accusa, assieme agli altri, è veramente incomprensibile». L’ex sindaco, che era presente in udienza e ha preso la parola per circa mezz’ora ribadendo la propria estraneità ai fatti contestati, ha lasciato il palazzo di giustizia senza rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. «Lui sta benissimo – ha detto il suo difensore – si è difeso alla grande e ha dato a tutti una bella lezione di diritto».

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