Virginia Raggi ha finalmente trovato la quadratura del cerchio per campare sino alla fine del suo mandato e fa sapere che a breve sarà completato il documento che il Comune invierà al Governo fondato su tre i punti chiave: patto di stabilità (ovviamente da sforare), piano di rientro dal maxi debito e fondi per gli impianti sportivi.
La cifra conterrà anche i 2,1 miliardi previsti nel caso la Capitale avesse detto di si ai Giochi Olimpici del 2024. Su questo nuovo libro dei sogni stanno lavorando alacremente tutti gli assessorati che definiranno il proprio fabbisogno da presentare al Governo. Eccolo l’uovo di Colombo studiato dagli astuti grillini. Ovviamente Renzi, sia pur prodigo di promesse e benefici erogati al popolo negli ultimi tempi elettorali (75 euro lordi agli statali, pensioni anticipate, bonus cultura ai giovani ecc. ecc.) ha già chiarito che quei fondi non arriveranno facendo intendere che si tratta una di una provocazione politica. Perché, a ben vedere, si tratta di un giochino da “furbetti del Campidoglietto”, cui non corrisponde un minimo di progetto di risanamento e magari un po di tagli. Che pure il Grillo parlante aveva invocato prima delle lezioni adombrando un new cursus di lacrime e sangue. Giochini di propaganda cui corrisponde la precisa volontà di lasciare tutto come sta salvando carrozzoni e carrozzelle delle municipalizzate, sicura fonte di consenso da migliaia di dipendenti.
Così, mentre su Roma Metropolitane l’amministrazione si è affrettata a cambiare idea, resteranno in piedi anche Assicurazioni di Roma e Farmacap della quale qualche tempo fa Marino aveva provveduto a sanare un buco da 12 milioni. Insomma, una sbornia di consenso a buon mercato e sulla pelle dei contribuenti che finirà per cozzare contro la dura realtà. Ad esempio quella dell’appalto triennale di 65 milioni per rimettere in sesto strade e marciapiedi che rappresenta poco meno che un pannicello caldo per la Capitale groviera. Insomma, i soldi non ci sono e i 10 milioni di euro concessi allo scopo per i municipi sono una elemosina. Vi è da parte di questa sindaca (sostenuta da assessori superman come Berdini che vanta con risentimento i miliardi che sono stati concessi alla Milano dell’Expo) una totale mancanza di idee e di progetti cui corrisponde una volontà di conservazione e una mancanza di coraggio ben al di sotto del piccolo cabotaggio. L’unica strategia è quella di battere cassa al Governo come fece Alemanno con il primo “Salva Roma” concesso dall’allora Governo Berlusconi e successivamente con quel salva Roma Ter concesso da Enrico Letta a Marino.
Solo che con il primo si creò una sorta di Bad company per il debito pregresso oggi calcolato in 13 miliardi, che pagheremo per 30 e forse 40 anni e con il secondo una misura di emergenza per evitare il default. Su questa linea dell’aiuto di Stato non è che Virginia si differenzi molto dalla sinistra oggi alla opposizione, con la differenza che dopo aver rifiutato l’occasione delle Olimpiadi, dal Governo non ci va con il piattino in mano, ma con quella baldanza di chi crede di arrivare presto al governo della nazione. Eppure la giovane e volitiva (in apparenza) avvocata deve fare conto, intanto con i grandi comuni più virtuosi di Roma e poi con situazioni di emergenza sociale nel Mezzogiorno dove lo Stato deve per forza investire.
Basta frequentare qualche ambiente al di fuori delle Mura Aureliane e dal raccordo anulare per capire l’aria che tira. Le continue richieste di Roma per coprire il baratro di 63 mila dipendenti e di municipalizzate che offrono servizi da terzo mondo, finiscono per scocciare. Tanto più quando si parla di miliardi e non di qualche centinaio di milioni. Un’arroganza che nemmeno i giornaloni romani evidenziano, timorosi di dover giustificare la gestione dissennata delle precedenti amministrazioni. Usque tandem, Virginia Radians, potrai reggere il giochino? Almeno fino a quando si dovrà mettere in campo il bilancio 2017/2018 e allora ci si potrebbe accorgere che Roma ormai è in default da almeno 10 anni. A quel punto si potrà pur strillare contro il Governo che vuole strozzare la rivoluzionaria esperienza grillesca in Campidoglio. Ma anche con l’1% di incremento del Pil (facciamo pure l’1,5 % con il Matteo dei miracoli) sarà ben difficile sostenere il peso della Città Eterna che di eterno ha ormai ha solo un debito mostre (pari ad una manovra finanziaria dello Stato). Sempre che Di Maio o Di Battista (magari a turno secondo le regole del Movimento) non diventino presidenti del Consiglio e allora dalla cornucopia dalla Casaleggio&associati scaturiranno miliardi sulla testa dei gaudenti romani.
Giuliano Longo