Caso Marra, il tribunale si riserva sulla scarcerazione

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I giudici del tribunale del riesame di Roma si sono riservati di decidere sulla scarcerazione di Raffaele Marra, l’ex capo del personale del Campidoglio. Il pm Barbara Zuin ha espresso parere negativo alla scarcerazione ribadendo che i circa 370mila euro dati al dirigente comunale dall’immobiliarista Sergio Scarpellini per l’acquisto di una casa erano funzionali all’ottenimento di favori. Opposta la posizione dell’avvocato Francesco Scacchi secondo il quale quella somma di denaro era un semplice prestito anche perché l’incarico ricoperto dal suo assistito nel 2013 non gli avrebbe comunque consentito l’eventuale contropartita sotto forma di favori. Tanto che l’affermazione di Marra intercettata nella quale si definiva sempre ‘a disposizione’ del costruttore sarebbe stata semplicemente una formula di personale cortesia. Il tribunale del Riesame dovrà decidere sulla richiesta di revoca dell’ordinanza di custodia in carcere, o in subordine, di concessione dei domiciliari entro l’8 gennaio prossimo. Nel frattempo Scarpellini è uscito dal carcere e da qualche giorno è ai domiciliari dopo aver fatto i nomi di altre personalità ‘beneficate’ dal suo interessamento. Inoltre, la difesa di Marra ha fatto istanza per togliere il segreto da tutte le conversazioni «whatsapp» intercettate con la sindaca e il suo «raggio magico» di cui avrebbero fatto anche parte l’ex segretario Romeo e l’ex vice sindaco Frongia. L’obiettivo di questa mossa sarebbe quello di dimostrare che Marra non aveva alcun interesse a rimanere in Campidoglio perché, fra l’altro, intendeva andare a lavorare all’estero. Ma le conversazioni potrebbero anche rivelare l’effettiva esistenza di quel Raggio magico definito anche confidenzialmente dei “quattro amici al bar” che avrebbe orientato  l’operato della sindaca sino all’arresto di Marra, alle dimissioni di Romeo e alla retrocessione di Frongia ad assessore allo sport. Prima di Natale in una frettolosa conferenza stampa dalla quale se ne uscì senza accettare domande dai cronisti, Virginia annunciò che Marra, passato nel frattempo al ruolo di capo del personale, veniva sostituito. «Ci siamo fidati e abbiamo sbagliato – disse testualmente –  dispiace nei confronti dei cittadini, del Movimento 5 Stelle e di Grillo che aveva sollevato perplessità. Marra non è un esponente politico della giunta ma un dirigente dell’amministrazione da 10 anni. Faremo di tutto per fare luce collaborando con la magistratura». Affermazione ineccepibile sotto il profilo della qualifica di Marra, ma discutibile per quanto riguarda le effettive competenze amministrative dello stesso nella gestione della complessa macchina capitolina. Infatti fu per soli due anni direttore al Patrimonio con Alemanno e l’allora assessore Antoniozzi, passa successivamente per quasi un anno a dirigente Rai grazie ai buoni uffici dell’allora direttore generale Masi in quota al centro destra. Riemerso con l’amministrazione Polverini a dirigente della Regione e allora contestato per l’insufficienza dei suoi titoli, lo ritroviamo con Marino sino a quando le pressioni del Pd romano sull’ex sindaco gli fanno scegliere un periodo sabbatico di studi con relativa aspettativa. Carla Rainieri, dimissionata da capo di gabinetto dalla Raggi a seguito di un parere richiesto a Cantone, racconta che quando Marra venne a sapere che lei non lo avrebbe riconfermato nel suo ruolo di vice, si arrabbiò minacciando ritorsioni: «Non mi farò cacciare senza reagire» aggiungendo «se parlo io qualcuno tremerà». La sua richiesta di pubblicazione dei contenuti della chat se da un lato vorrebbe dimostrare la marginalità del suo ruolo, dall’altro potrebbe aprire una voragine sotto i piedi di Virginia Raggi su conversazioni presumibilmente private, ma che potrebbero rivelare aspetti delicati nel governo di Roma degli ultimi sei mesi. Quanto al procedimento giudiziario in corso l’accusa si basa, per ora, sull’acquisto di appartamenti favorito dallo Scarpellini e che Marra giustifica come prestito, ma l’approfondimento dell’indagine potrebbe coinvolgere altri aspetti meno chiari sul suo ruolo, che poco tempo fa rivendicava orgogliosamente come di uno spermatozoo che ha fecondato il Movimento 5 stelle. Di qui l’importanza della decisione finale del Tribunale del Riesame e della ferma opposizione alla scarcerazione da parte della Procura.

Giuliano Longo

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