Rifiuti (pardon, “materiali post consumo”), impianti zero e più poltrone in Ama

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Rifiuti (pardon, 'materiali post consumo'), impianti zero e più poltrone in Ama

Romani godete, la soluzione del problema dei rifiuti capitolini è alle porte e ci si avvia verso l’utopica meta grillina di “rifiuti zero“.

Lo si evince da quanto hanno detto stamane la sindaca Virginia Raggi e l’assessora alla Sostenibilità Ambientale Pinuccia Montanari presentando il Piano per la gestione dei materiali post-consumo 2017-2021.

LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI

«Puntiamo a una riduzione di 200mila tonnellate di rifiuti e vogliamo aumentare la raccolta differenziata di circa il 70% in cinque anni.

Sono obiettivi ambiziosi e per questo serve la collaborazione di tutti, a partire dal coinvolgimento dei cittadini».

Ha annunciato Virginia pimpante, spiegando che il piano appena presentato «si fonda sulla concezione dell’economia circolare, che a Roma è stata lasciata nel dimenticatoio per troppo tempo.

La parola ‘rifiuto’ – ha aggiunto – indica una cosa che si butta, che non serve più, per questo serve un cambio di passo e parlare non più di rifiuti, ma appunto di ‘materiali post consumo‘».

MATERIALI POST CONSUMO

Ah ecco, adesso ci sentiamo molto meglio anche se i ‘materiali post consumo’ continuano a tracimare dai cassonetti lordando i marciapiedi.

Ma si sa, nella storia spesso basta cambiare una definizione per rendere realizzabili anche  sogni.

Eppure i dati più recenti ci dicono che nella Capitale si producono 5mila tonnellate ogni giorno di ‘materiali post consumo’, pari a 1.7 milioni di tonnellate all’anno, dei quali nel 2015 oltre 700mila tonnellate sono andate nella raccolta differenziata.

Cifra probabilmente, ad oggi, calcolata per difetto.

Ma quello che dovrebbe preoccupare i nostri amministratori è  la mancata gestione della frazione organica, 228mila nel 2015 di umido e scarti verdi (tipici e puzzolenti ‘materiali post consumo’).

Anche perché, secondo i dati di Ispra, i tre impianti romani trattano annualmente solo 37.500 tonnellate, la metà di quanto autorizzato, (66mila tonnellate/anno) e di fatto solo il 18,7% di quanto necessario per coprire l’intero fabbisogno.

IL PARADOSSO

Paradossalmente la raccolta differenziata ha messo in crisi Roma nonostante la buona volontà dei cittadini che l’hanno aumentata, perché quello che manca sono proprio gli impianti necessari per chiudere il ciclo e non rimanere ostaggio di cassonetti e tritovagliatori che alimentano discariche e inceneritori.

Mentre la Capitale esporta in Germania 160mila tonnellate all’anno ‘materiali post consumo’ da trattare  al costo di 138,5 euro a tonnellata, una sorta di tassa fissa che, a quanto pare, i cittadini romani continueranno a pagare per anni.

In questa situazione poco allegra l’assessora, che evidentemente si rifà ai modelli di Genova e Reggio Emila (note megalopoli), annuncia che la chiusura del Tmb Salario avverrà entro il 2019 mentre l’impianto di Rocca Cencia si avvierà verso l’esaurimento in funzione del raggiungimento degli obiettivi del piano, che se poi non si raggiungono fa niente.

Stupefacente cambio di rotta rispetto alle intenzioni dell’ex assessora Muraro che, sia pur indagata di ‘materiali post consumo’, se ne intende e gli impianti voleva invece farli funzionare utilizzando anche quelli di Cerroni.

Infine visto il gravoso impegno assunto dalla Giunta Raggi in materia di ‘materiali post consumo’, è necessario ripristinare i consigli di amministrazione di Ama e Atac che Ignazio Marino aveva abolito nel rispetto della normativa nazionale e giusto per risparmiare qualcosina.

«Abbiamo varato una memoria di giunta dieci giorni fa che riguarda Ama e Atac e che prevede il passaggio dall’amministratore unico ad un cda di 3 membri. Apriremo una call per tutte le figure mancanti» annuncia trionfante l’assessora.

La logica di questa scelta (per ora ancora a livello di ‘call’ – boh!) ci sfugge, ma forse sottovalutiamo la fame di poltrone dei nuovi padroni di Roma.
Giuliano Longo

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