No alla delibera bavaglio, questo il senso della conferenza stampa convocata stamane dal gruppo consiliare del Pd e questione della quale hanno scritto numerose testate oltre alla nostra, suscitando anche la reazione della Federazione della Stampa che rappresenta i giornalisti.
La conferenza è stata convocata per denunciare le forti anomalie presenti nel Regolamento per il diritto all’accesso a documenti, informazioni e dati presentati dalla Giunta Raggi nel mese di agosto.
L’incontro con la stampa si è svolto nelle sede dei gruppi a via del Tritone subito dopo un incontro tra l’assessora alla trasparenza Flavia Marzano e la Federazione della Stampa, in cui si è parlato di spirito costruttivo. Ma la capogruppo del Pd capitolino, Michela Di Biase, non pare convinta perché per quanto riguarda l’accesso agli atti amministrativi sussistono contraddizioni.
Anche perché l’accesso a quegli atti secondo la Di Biase preoccupa per il ruolo e i diritti stessi dei consiglieri che «nella piena attuazione del loro mandato hanno il diritto e di il dovere di poter accedere a tutti gli atti dell’amministrazione in pieno spirito di trasparenza e collaborazione».
Quindi “Trasparenza. No alla delibera Bavaglio” questo è lo slogan, visto che il Comune di Roma non aveva alcuna necessità di dotarsi di questo regolamento che secondo la capogruppo «rischia solo di sovrapporsi alle scelte del legislatore visto che è stato da poco approvato il Foia (Freedom of Information Act)».
Sulla questione è intervenuto anche il ministro alla semplificazione e pubblica amministrazione Marianna Madia perché se da un lato è vigente una semplificazione a livello nazionale, a livello locale vediamo una restrizione – ha spiegato Di Biase -.
A Roma invece di una più semplice applicazione delle norme viene presentato «un regolamento di 30 pagine e si passa dai precedenti 22 articoli agli attuali 42 alla faccia della semplificazione, complicando la vita agli amministratori locali».
Secondo la Di Biase «ci sono alcune cose particolarmente serie e rischiose, a partire dall’articolo 33 sui ‘casi generali di inammissibilità agli atti’, dove avviene una cosa molto grave: al comma 5 vengono ampliate le tipologie di richieste che possono essere derubricate, inventando categorie non contenute nella legge né nelle disposizioni dell’Autorità Nazionale Aticorruzione (Anac di Cantone ndr)».
E ancora, all’articolo 40 comma 2 si dice che le richieste di accesso agli atti degli amministratori «non possono essere generiche e di ingiustificato aggravio per gli uffici, quindi si rimette tutto a una valutazione di carattere politico da parte del dirigente» che in sostanza decide lui cosa rendere pubblico e no.
Il regolamento di prima diceva che ‘gli uffici devono agevolare l’accesso agli atti’, ora invece si dice che l’accesso non può interferire con il buon andamento dell’amministrazione.
Ma non finisce qui perché in merito all’articolo 39, chiamato bavaglio alla stampa, il primo comma riproduce la disposizione della circolare Madia, ma il comma 2 fa un preciso richiamo alla responsabilità del dirigente per il danno d’immagine alla amministrazione «una specifica totalmente inutile che è chiaramente un freno per i dirigenti e quindi anche per gli amministratori locali, che utilizzano l’accesso agli atti proprio per garantire la chiarezza e la trasparenza». Diciamo pure una minaccia ai dirigenti tenuti a fornire gli atti.
In conclusione la Giunta Raggi ha prodotto «un documento che parla di semplificazione, ma che è molto più corposo del precedente complicando la situazione, inserisce categorie non specificate dalla legge né dall’ Anac di Cantone, quindi non si capisce se il mandato dell’assessora Marzano e degli uffici abbia di fatto complicato la questione degli accessi anziché semplificarla.
Su questo regolamento il Pd darà battaglia, ed è significativo che ieri sia stata ‘sconvocata’ la commissione che doveva discutere del testo».
Secondo la Di Biase «c’è paura del confronto politico con l’opposizione, ora aspettiamo che l’atto arrivi in commissione e poi siamo pronti alla battaglia in Assemblea capitolina. Il M5S, Grillo e Casaleggio magari – ha concluso – sono abituati a mettere il bavaglio ai propri consiglieri comunali, ma di certo non lo metteranno al Partito democratico».
Giuliano Longo