L’Avugi e i sogni di Giulia: il racconto di chi non si arrende alla crisi e alle difficoltà

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Lontano dagli stereotipi del nostro Paese, troviamo giovani che vogliono costruirsi una professione puntando solo sul proprio talento e sulle proprie energie, proponendo al territorio un nuovo modello di business da seguire. Questa è la storia di Giulia Cecconi e della sua associazione L’Avugi, una delle realtà più interessanti nate negli ultimi mesi in provincia di Roma. Un’officina di idee creata da un gruppo di giovani amici per la valorizzazione del territorio, per esorcizzare la crisi e magari anche tutto ciò che di male si dice sulla nostra economia, piccola o grande che sia, perché mette davanti a tutto le persone con i loro valori e le proprie capacità. Difficile pensare cosa passi nella testa di una ventenne piena di iniziative e all’inizio di una carriera manageriale. Noi abbiamo provato a riassumerlo in questa intervista.

Allora Giulia, prova a riassumerlo tu cosa sta succedendo nella tua vita.

È un momento molto positivo, in cui sento di esprimere molto, di mettermi in gioco e allo stesso dare agli altri tutta me stessa.

Non sempre però basta la buona volontà.

È vero, ma noi giovani abbiamo il dovere di dire la nostra, di uscire fuori con le nostre idee, di proporci agli altri con qualcosa di positivo.

Nasce per questo l’Avugi?

L’Avugi è una giovane realtà che ci rende molto orgogliosi. Innanzitutto perché nasce dall’idea di un gruppo di amici. Il nome non significa nulla, è solo la sequenza delle nostre iniziali, ma è quello che ci rappresenta, è quello che siamo, è il modo per gridare a gran voce che ci siamo anche noi, nonostante la crisi, i problemi di ogni giorno e le continue difficoltà.

E per Giulia la vita com’è?

Mi divido tra il mestiere di baby sitter e quello di studentessa. Sono una ragazza normale, con dei sogni, come quelli di tutti gli altri coetanei. Credo però che sia finito il tempo dell’attesa, oggi solo se ti proponi puoi far valere il tuo talento e le tue idee.

E quali sono i tuoi progetti nel cassetto?

Innanzitutto portare a termine gli studi e poi proseguire sul percorso che ho tracciato, quello del turismo e dell’organizzazione degli eventi. Credo che questo territorio sia rimasto ancorato a vecchi modelli di business ormai superati nel resto d’Europa. Ci sono tante opportunità e infiniti modi per la giusta valorizzazione delle nostre tipicità locali.

Anche in un paese così giovane come San Cesareo da dove provieni?

Sì, questo discorso vale anche per San Cesareo e ne sono convinta. Innanzitutto perché le recenti scoperte archeologiche stanno riscrivendo la storia di questo territorio e poi perché un paese, ovunque si trovi, deve sfruttare al meglio le sue risorse. Pensiamo ad esempio all’ottima collocazione del nostro comune oppure all’area industriale, una realtà molto interessante per l’economia locale.

Tra le tue passioni c’è l’arte. Puoi raccontarci questo tuo sentimento e come è nato il Rospigliosi Art Prize che avete da poco inaugurato?

L’arte è l’espressione più alta di ciascun uomo o donna, è sempre così affascinante conoscere da vicino un’opera. Rospigliosi Art Prize è il nostro primo evento, ci abbiamo lavorato per diversi mesi e tutto ciò si è tradotto in realtà grazie all’ìmpegno di tutti indistintamente, al supporto della galleria Vittoria e al sostegno di tante aziende, del Comune di Zagarolo e dell’Istituzione Palazzo Rospigliosi, che hanno creduto in noi. Siamo solo all’inizio, ma credo che il risultato sia straordinario e già sotto gli occhi di tutti. Mi auguro che questa sia la prima di una lunga serie di edizioni che possa portare a Zagarolo e in questo territorio un’area di freschezza e di apertura verso il mondo.

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